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 2015  novembre 06 Venerdì calendario

La nuova teoria dei bisogni. Oddone Camerana ha scritto un libro ispirato a dove si fa la pipì

In fondo a destra. Suona come un’indicazione, anche piuttosto sbrigativa. Dice che laggiù è il posto dove andare, là in fondo, sulla destra, un po’ appartato, lontano da sguardi indiscreti. La frase campeggia sulla copertina di un libro, che fornisce precise indicazioni su dove recarsi per soddisfare i propri bisogni. Utile, svelto, divertente. Quasi una guida. Ha anche un sottotitolo, che è rilassante e impegnativo al tempo stesso: Una meditazione sulla fragilità umana. Lo ha pubblicato la casa editrice II Quadrante. Lo ha scritto Oddone Camerana, 78 anni, gran signore torinese, pronipote del senatore Giovanni Agnelli, figlio di Gian Carlo Camerana vicepresidente della Fiat, una vita passata nell’industria di famiglia, manager gentile e scrittore in punta di penna.
Dice di sé: «Non ho dedicato abbastanza tempo ed energie alla scrittura come avrei voluto. Colpa anche della mia pigrizia. Troppo spesso mi sono arreso alle prime difficoltà di fronte alla pagina. Non sono stato abbastanza leggero, né fedele allo stimolo che mi veniva». Stimolo è parola che affonda nel cuore del suo ultimo libriccino. Parte tutto da lì, dagli stimoli. Sono sessanta pagine e cinque capitoli. Il primo si intitola proprio In fondo a destra. Gli altri: Lungo fiumi, Altrove, Movida, Saluti dal pisciatoio.
Camerana la prende alla larga. «La storia di questa pubblicazione è un caso» racconta. «Avevo una brutta situazione al bacino e all’inguine, perché quarant’anni fa in un incidente in moto mi sono rotto il collo del femore, poi ho avuto anche l’ernia inguinale, poi una cosa sulla schiena, poi le emorroidi... Insomma, ho subito tutta una serie di interventi da quelle parti. La conseguenza è che ho un’accentuata sensibilità prostatica. Una vescica sensibile influenza il tuo stile di vita. E così per un certo numero di anni ho preso appunti al fine di costruirmi una specie di guida tascabile sugli indirizzi utili, a Torino e in un paio di altre città, dove liberarmi alla bisogna. Mi sono concentrato su un aspetto comune a tutti, quello della pipi: dove farla quando sei in giro».
Come libro. In fondo a destra è una passeggiata e una mappa: una passeggiata che segue i bisogni più impellenti e una mappa che si propone di soddisfarli. Molto sabaudo, esplora un richiamo fisiologico universale. Unisce pratica e teoria sull’uso e sulle qualità di questa fondamentale risorsa: la toelètta, come la chiama Camerana. («Mi sembra un nome gentile, in un italiano francesizzato. È lindo, igienico, affettuoso»). Non gli piace servizi igienici («Troppo anonimo e burocratico»). Nemmeno ritirata («Démodé e antiquato»). Neppure latrina o cesso («Sono pieni di disprezzo»). Neanche wc («Non è immediato, né spontaneo»).
Le toelètte di bar, ristoranti, cinema, negozi, persino di alcune banche: ha provato tutto Camerana. Che puntualizza: «È un dovere civico delle banche mettere a disposizione della clientela i loro servizi, anche quelli igienici».
E garantisce: «L’esperienza insegna che la toelètta ideale è quella pulita, fornita di carta igienica e soprattutto libera». Dopo di che, come accade nel libro, si può discettare se si preferisce quella con il pulsante a muro, quella con lo sciacquone basso o quella con la catenella. Oppure se, entrando appositamente in un bar, si debba consumare prima o dopo l’operazione liberatoria, o magari non consumare affatto. Se sia opportuno un vestibolo e qualcosa dove appoggiare borse e appendere cappotti. Se sia meglio che la porta abbia le chiavi o una semplice levetta. «Con la chiave sono sempre a disagio, ho paura di rimanere chiuso dentro», confessa.
Gli aneddoti sorridenti si agganciano a riflessioni, confronti, testimonianze altrui. La scrittura è compassata, contegnosa. È da qui che scaturisce la vis comica. Un po’ è l’effetto alla Buster Keaton. «La posizione seria dell’autore su questo argomento suscita il sorriso del lettore» ammette. «Il risultato è di leggerezza, credo, attraverso un itinerario non pedante e svincolato dall’intreccio, per cui come scrittore non ho mai avuto troppa simpatia. Racconto semplicemente delle esperienze sulla fragilità umana, la fragilità dei sentimenti, ma anche quella del corpo, esposto a impulsi inaspettati che toccano chiunque, qualunque posizione sociale uno abbia. Non si salva nessuno dal bisogno di urinare all’improvviso».
Quando si è fuori casa, bisogna trovare il modo migliore per farlo. È il modo migliore, cioè la toelètta migliore, è quello alla turca. «Di gran lunga è la mia preferita, sia per questioni igieniche, sia perché ti costringe, eventualmente, in una posizione più funzionale e liberatoria. Ma deve avere una maniglia alla parete per (arti rialzare con più agio e tranquillità».
Disagio e agitazione, invece, quando le toelètte non sono libere, o il locale è chiuso, o non ce n’è uno nelle vicinanze. Tranquilli, in questo caso si può fare all’aperto. A lui è capitato. Basta appartarsi e rimanere distinti, dice. Minzione e distinzione. «Una volta l’ho fatta lungo il fiume, uscito da una cerimonia durata tre ore» confessa Camerana «e un’altra volta contro il muro della Questura. Non c’è niente di male. Non è l’atto di far pipì che la legge punisce, ma l’esibirsi se passa qualcuno». Lo garantisce una sentenza della Cassazione del 2013. L’impellente bisogno fisiologico può essere soddisfatto ovunque, basta appartarsi e nascondere i genitali. Buona liberazione a tutti.