Il Sole 24 Ore, 6 novembre 2015
Vietnam, Filippine, Malesia, Brunei, Taiwan: tutti i fronti diplomatici aperti dalle rivendicazioni di Pechino nel Mar Cinese Meridionale. Gli Stati Uniti non stanno a guardare
Gestire i rapporti con i vicini di casa, un manipolo di Paesi piccoli ma estremamente conflittuali, è diventata una priorità diplomatica del presidente cinese Xi Jinping da ieri in visita in Vietnam. È la prima di un presidente cinese in dieci anni in un altro Paese comunista con il quale, però, Pechino è in urto per divergenze territoriali nelle acque del Mar della Cina Meridionale. Nei giorni scorsi Xi ha incassato la scomoda decisione della Corte permanente di arbitrato che ha emanato il parere sul ricorso delle Filippine contro la Cina, stabilendo che la giurisdizione c’è e che adesso si può entrare nel merito delle eccezioni di Manila sulle pretese cinesi nello stesso Mar della Cina. D’obbligo, quindi, per Xi Jinping cercare di ammorbidire i rapporti con Hanoi che hanno toccato il fondo proprio l’anno scorso quando la Cina ha piazzato una gigantesca piattaforma petrolifera nei pressi di un’isola nell’arcipelago delle Paracelse rivendicato, appunto, dai vietnamiti. L’iniziativa ha innescato brutali reazioni da parte dei vietnamiti contro i cinesi residenti nel Paese. Pechino reclama la sovranità sulla base di una “linea dei nove punti” che passa a poche miglia dalle coste di una serie di Paesi tra cui il Vietnam. Non c’è solo Hanoi, le rivendicazioni cinesi si scontrano, come è noto, con quelle di Filippine ma anche Malesia, Brunei e Taiwan. Non a caso terminata la visita in Vietnam Xi Jinping andrà a Singapore dove sabato prossimo incontrerà in un vertice definito storico – è il primo in 66 anni – il presidente taiwanese Ma Ying-jeou.
Con il Vietnam la Cina ha il suo bel lavoro da fare, il segretario del partito comunista, il generale Nguyen Phu Trong, è stato il primo capo del partito vietnamita a visitare gli Stati Uniti quest’anno, mentre il Vietnam ha firmato storici accordi di cooperazione di difesa con Washington (in pratica è caduto il divieto di compravendita di armi) mentre Hanoi è stata cruciale nei colloqui per arrivare alla sigla del TPP, il Trans Pacific Partnership voluto fortemente da Washington. Nulla di strano, nonostante la storia controversa tra Vietnam e Stati Uniti, se non fosse che il Paese è legato economicamente a doppio filo alla Cina, dalla quale importa materiali e macchinari. Per quanto strabica, la politica di Hanoi punta a fare in modo di mantenere buone relazioni con la Cina, anche mentre si lavora alla costruzione di forti legami con gli Stati Uniti. Dopo lo sconfinamento nelle 12 miglia da parte del cacciatorpediniere nelle isole artificiali Spratly, si è anche registrato l’arrivo dell’ammiraglio Henry Harris il quale in buona sostanza ha fatto capire, durante il ciclo di lezioni e visite tra Corea del Sud e Cina che i pattugliamenti in quell’area continueranno, anzi diventeranno una routine. Pechino in queste ore ha anche incassato la dichiarazione ostile di alcuni Paesi Asean sul concetto di libertà di navigazione che non coincide con la versione cinese, a Kuala Lumpur si è svolto infatti il terzo incontro dei ministri Asean della Difesa. Il fatto che tre navi cinesi siano in visita amichevole in Florida non è sufficiente a far abbassare i toni né le tensioni in questa parte estremamente agitata del mondo.