Il Sole 24 Ore, 6 novembre 2015
In Italia i furti nei negozi pesano per quasi 3 miliardi di euro all’anno, cifra che si traduce in un costo occulto di 90 euro a persona. Il settore più colpito è quello dell’abbigliamento
Un costo occulto che pesa sulle aziende e spesso sui consumatori finali, stimato in 208 euro per famiglia ogni anno (90,68 euro a persona). Parliamo delle “differenze inventariali” misurate dal Barometro mondiale dei furti nel retail commissionato ogni anno dalla società Checkpoint Systems e presentato ieri a Milano.
«Tecnicamente le differenze inventariali hanno quattro componenti: furti dei dipendenti, furti dei clienti, frodi da parte dei fornitori ed errori amministrativi – ha spiegato Alberto Corradini, country manager Italia di Checkpoint Systems, società specializzata nella prevenzione delle perdite nel retail –. Le prime due componenti sono le più importanti: su un dato di 2,95 miliardi di differenze inventariali, pari all’1,01% del fatturato dei 203 retailer italiani esaminati, per un totale di oltre 113mila punti vendita, il 45% delle perdite è legato a furti di clienti e il 23% a quelli di dipendenti disonesti».
Il settore più colpito è quello dell’abbigliamento, seguito da farmacie e parafarmacie e negozi di gioielli e orologi. Un triste podio leggermente diverso da quello globale, dove al primo posto ci sono le farmacie e parafarmacie, seguite da moda e gioielli-orologi.
Il Barometro messo a punto da Checkpoint fotografa la situazione di 24 Paesi: oltre all’Italia, sono stati elaborati i dati di Argentina, Australia, Austria, Belgio, Brasile, Cina, Finlandia, Francia, Germania, Hong Kong, Giappone, Messico, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Russia, Spagna, Svezia, Turchia, Uk e Stati Uniti. Il dato complessivo è di 92,98 miliardi di differenze inventariali, pari all’1,23% del fatturato. Una percentuale quindi superiore a quella italiana, i cui dati sfatano alcuni luoghi comuni, ha sottolineato Corradini. L’Italia si classifica all’ottavo posto per le differenze più basse e l’Europa è l’area geografica più “onesta”, con l’1,05%. Le prime tre per incidenza dei furti sul fatturato delle aziende sono America Latina (1,55%), Nord American (1,27%) e Asia-Pacifico (1,17%). I Paesi più virtuosi sono Norvegia, Svizzera e Francia, con incidenze dei furti sulle vendite di, rispettivamente, 0,75%, 0,76% e 0,81%.
«I Paesi con le differenze inventariali più alte sono il Messico e, forse un po’ a sorpresa, l’Olanda e la Finlandia», ha aggiunto il country manager per l’Italia di Checkpoint, aggiungendo che il nostro Paese è tra i più virtuosi anche per investimenti nella prevenzione delle perdite, con l’1,07% del fatturato complessivo.
Tornando a settori e prodotti, il Barometro ha evidenziato che nell’abbigliamento, in Italia, gli oggetti più rubati sono gli accessori come cinture e portafogli, seguiti da scarpe, abbigliamento sportivo, denim e intimo. A livello mondiale invece ai primi cinque posti ci sono accessori, scarpe, intimo, occhiali da sole e borse. Sempre per quanto riguarda il nostro Paese, nel settore salute e bellezza gli oggetti più rubati sono lamette, prodotti cosmetici e profumi; nell’elettronica gli accessori per cellulari e gli smartphone; nell’alimentare i vini e liquori, seguiti da formaggi e carne fresca; nel bricolage gli attrezzi elettrici e le pile. La soluzione per combattere i furti? «Un mix di sistemi anti-taccheggio, tv a circuito chiuso, personale di sicurezza interno e strumenti hi tech come le etichette Rfid – ha concluso Alberto Corradini –. In Italia, segnalano tutte le aziende, la situazione è aggravata dal quadro normativo, che rende difficile perseguire i ladri, anche se colti in flagrante: solo le forze dell’ordine possono costringere un cliente ad aprire la borsa, anche quando l’antitaccheggio ha suonato».