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 2015  novembre 06 Venerdì calendario

«Un matematico con la passione per il canto». Ritratto di Marco Malvaldi, l’autore dei “Buchi nella sabbia”

Non si stava mica tanto tranquilli a Pisa in quel settembre del 1900. Tanto per cominciare, due mesi prima un tipo secco e baffuto aveva crivellato di colpi il re Umberto I. Ora si parlava di accogliere il nuovo sovrano, Vittorio Emanuele III con nientemeno che la Tosca, melodramma poco rassicurante (diciamo non tenero con i poteri forti), scritto da quell’ancor meno rassicurante Giacomo Puccini, in odor di rivoluzione. Una tragedia nella tragedia che mette in allarme tutti, dal prefetto al direttore della Stampa, Alfredo Frassati, forse il più preoccupato: a seguire l’evento non può che mandarci il cronista più bravo ma anche il più scavezzacollo, Ernesto Ragazzoni. Uno che improvvisa poesie in rima con la stessa facilità con la quale si scola due bottiglie di rosso.
Una tragedia. Ma comicissima: fa ridere sin dalle prime righe Buchi nella sabbia, il nuovo romanzo di Marco Malvaldi, l’ennesimo, croccante, giallo pubblicato da Sellerio. Diciamo “croccante” per un motivo preciso: perché i libri di Malvaldi sono così, profumati e cotti al punto giusto, dove tutto capita al momento opportuno, dove il dosaggio tra verità e finzione rispetta regole invisibili eppure percettibili. È quello che i suoi lettori (ormai milioni in tutto il mondo) chiamano “il segreto di Malvaldi”. Dove nasce quell’equilibrio che tiene insieme un delittaccio e le partite a briscola dei pensionati del BarLume, la sua serie più famosa? Perché un gruppo di vecchietti che si improvvisano detective riescono a scoprire il mistero e, insieme, a penetrare nelle logiche morali del delitto? Che cosa accomuna nonno Ampelio e l’avvinazzato Ragazzoni?
Cherchez la vie, scavate nella vita, recita la lezione simenoniana. E andiamo a vedere: 41 anni, pisano, chimico teorico per formazione, cantante barocco per vocazione, giallista per mestiere. «In sostanza, sono un matematico con la passione per il canto» scherza lo scrittore, davanti a uno stufato con verdure. Così, se la conoscenza di arie e romanze gli ha permesso di delineare con precisione sbeffeggiante i personaggi di Ruggero Balestrieri (tenore, anarchico e primadonna sciupafemmine) e di Bartolomeo Cantalamessa (impresario perennemente sudato nell’ardua impresa di tenere buoni i cantanti lirici), la Teoria dei giochi gli ha permesso tutto il resto. Perché il segreto di Malvaldi è come la lettera di Poe, sta nel posto più semplice e vero: è nella matematica.
Cioè nella sua vita. «Facevo il ricercatore chimico all’università. Chimico teorico, in pratica sono un matematico. Poi l’assegno di ricerca mi è scaduto e siccome nel frattempo i miei gialli stavano prendendo una buona piega, allora ho cominciato a scrivere a tempo pieno». Ma non ha mai smesso di occuparsi di Teoria dei giochi: l’ha semplicemente applicata alle sue storie, ne ha fatto singolare intelaiatura romanzesca. «Ogni storia della serie del BarLume» conferma «ha il titolo di un gioco: Il gioco delle tre carte, La carta più alta e così via». E ogni romanzo della saga (saga che è stata una grande intuizione di Antonio Sellerio, va detto) è costruito attraverso un’apparenza provinciale e scanzonata ma con un cuore rigoroso. «Prendiamo La briscola in cinque» suggerisce Malvaldi «qui solo uno su cinque ha l’informazione completa che serve alla soluzione del giallo. Ebbene, che cosa è una storia di mistero se non lo scoprire, poco a poco, tutte le informazioni? La Teoria dei giochi mi serve per capire come, in un giallo, si svolgono le alleanze, in che modo si decide di condividere quello che si sa con qualcun altro, con quali criteri si arriva a fidarsi». Sembra Monicelli, ma è John Nash.
Altro esempio. «Il re dei giochi, storia del 2010: qui al centro di tutto c’è il biliardo e il filo da seguire è come si commette un omicidio. Non è che uno va in piazza, chiama per nome una persona e gli spara. Ogni delitto ha una sua singolarissima modalità e sapere sin dall’inizio il disegno da dare a un romanzo giallo è fondamentale». Ecco perché i suoi romanzi sono così “familiari”: è coerenza. È struttura. È conoscenza delle dinamiche. È dimestichezza con i comportamenti umani, che la matematica studia e cerca di anticipare con i modelli. Non a caso hanno scoperto che tutti i gialli di Agatha Christie («Una che ha svelato, ahimè per prima, tutti i modi per uccidere qualcuno», scherza Malvaldi) sono risolvibili grazie a un algoritmo. Non a caso Conan Doyle metteva nelle sue storie con Sherlock Holmes molto più sapere scientifico che fantasia (meccanismo peraltro raccontato benissimo nel libro di Carlo Toffalori, Il matematico in giallo, edito da Guanda).
Il comico è ovunque. Elementare, Watson: sono i numeri. Anche perché Malvaldi si dice convinto che poche cose siano imprevedibili quanto la matematica. Eccetto forse le stranezze di Ernesto Ragazzoni, un geniaccio realmente esistito, come Puccini e come Frassati. «Uno che si presentava alle conferenze in pantofole e poco sobrio» racconta lo scrittore «ma che, chiamato a raccontare o a versificare, superava tutti». Manco a dirlo, in Buchi nella sabbia (che si richiama a un libro scritto dallo stesso cronista novarese, morto nel 1920) è Ragazzoni che scioglierà l’enigma di un delitto avvenuto sul palco, durante la «rappresentazione nel corso della quale il tenore verrà fucilato sia come Cavaradossi che come Balestrieri. E allora io dico: vedete che il comico c’è dappertutto? Anche in una tragedia, in un melodramma: capita che uno si ritrovi con un coltello piantato sulla schiena e intanto continui a intonare una romanza a tutta gargagna». Roba da pazzi, anzi da scrittori.