Corriere della Sera, 6 novembre 2015
Il Tas respinge il ricorso di Valentino Rossi
DAL NOSTRO INVIATO
VALENCIA Gli ultimi saranno davvero primi? Alla domanda, senza risposta da duemila anni, proverà a rispondere Valentino domenica. È un’impresa titanica, ma non gli resta altro da fare, perché il Tas di Losanna ha tirato la mazzata: richiesta di sospensiva rigettata, Rossi ultimo era e ultimo resterà nella griglia di partenza della gara più difficile della vita. Per il Nostro è un atto di ingiustizia che, oltre la retorica delle sentenze da accettare, è arrivato dritto al cuore e fa male: «Il mio sogno era lottare per il titolo in condizioni normali. Me lo hanno impedito», ha detto senza neanche provare a fingere uno dei suoi famosi sorrisi. Ci proverà, ovvio. E tante sono le variabili che potrebbero favorire il gran colpo, più di tutte la forza che avrà Lorenzo nel gestire la pressione. Intanto però il primo atto della missione rossiana a Valencia è fallito. E allo spirito, suo e del suo popolo, questo non fa bene.
Il resto della surreale giornata sono state le chiacchiere silenziate dai «consigli» dell’organizzazione. Ha cominciato all’ora di pranzo, poco prima del verdetto del Tas, il boss della Dorna, Carmelo Ezpeleta, con incontri individuali con Marquez, Lorenzo e Rossi. Ha proseguito il cosiddetto Permament Bureau, cioè Ezpeleta più il presidente della Fim, Vito Ippolito, con un meeting coi piloti MotoGp. Dieci minuti per dare l’input: ragazzi, zero polemiche e nessun riferimento a Sepang. Come incontrare Tavecchio e non potergli chiedere di Opti Pobà. Ma tant’è. Il Minculpop della MotoGp è stato tanto convincente che pure la Honda ha rinunciato a mostrare i dati telemetrici che dimostrerebbero l’innocenza di Marquez «per non buttare benzina sul fuoco», mentre la Yamaha ha spontaneamente cancellato la festa organizzata per i 60 anni di attività nel Motomondiale in programma domani. E così alle conferenze separate si sono presentati tre robot variamente addestrati, d’accordo solo su una cosa: «Ci hanno detto di non dire nulla sulla Malesia».
Lorenzo ha esordito bene ma teatrale, al solito: «Un mio rimpianto? Quel gesto sul podio a Sepang (pollice verso nei confronti di Rossi, ndr). Chiedo scusa». Ha garantito che resterà in Yamaha nel 2016: «Ogni matrimonio ha i suoi momenti difficili… E io e Vale siamo il miglior team del mondo». Infine ha inquadrato la gara: «Correrò come sempre. Io favorito? No. Ho più da guadagnare che da perdere». Jorge è comunque teso. E il futuro non è l’Arcadia da lui descritta: ieri lo sponsor Sector lo ha liquidato pubblicamente per i suoi comportamenti in Malesia. L’entourage dello spagnolo spiega che il contratto era già scaduto, comunque un dato è sicuro: l’indice di gradimento di PorFuera è ai minimi storici.
Poi è arrivato Rossi. Oltre la tristezza, anche lui ha un rimpianto: «Non aver seguito la mia linea ideale su quella curva a Sepang». L’affetto della gente «mi consola» e la tattica è scontata: «Lavorare bene. Gli altri piloti? Ognuno faccia la sua gara, dipende solo da me: nel 2006 qui sono partito dalla pole e ho perso il Mondiale, ora magari parto ultimo e lo vinco…». Rossi non è arrabbiato, ma «deluso e amareggiato». Il ricorso di Lorenzo lo ha «sorpreso». Quanto all’eventualità che il Tas più avanti gli dia ragione, «cerchiamo di essere realisti sul presente». E sul futuro? «Io nel 2016 ci sarò di sicuro. Ho un contratto con la Yamaha».
Per ultimo ha poi parlato Marquez. Lui, tanto per cominciare, non ha rimpianti malesi. «L’unico è che non ho finito la gara…». Sfugge un attimo alle consegne per chiarire che «su Sepang non cambio idea», di Rossi dice (ma pare doppiato) che «spero un giorno di tornare a parlare con lui» e su Lorenzo chiarisce che «se in gara vedrò che posso sorpassarlo ci proverò…». Marc non aveva la tensione di Lorenzo né la tristezza di Vale, ma almeno ha avuto il buon gusto di trattenere il noto sorriso da joker. Oggi in pista però nessuno si tratterrà più, la censura può arginare le parole ma non i motori, i polsi, i cuori. E quando i robot torneranno di carne la battaglia riprenderà, di nuovo sincera, di nuovo estrema. La resa dei conti deve ancora iniziare.