Corriere della Sera, 6 novembre 2015
Come regolare Uber, Airbnb, Blablacar e gli altri protagonisti della sharing-economy
A San Francisco sugli affitti delle case si è arrivati addirittura al referendum (peraltro vinto da Airbnb che ha speso per la propaganda 8,3 milioni di dollari!) ma anche in Italia si discute su come regolamentare l’azione delle piattaforme digitali di servizi, da Airbnb a Uber passando per Blablacar fino alla piccola Gnammo (pasti in casa). La tendenza è quella di puntare a una norma-omnibus sulla sharing economy e ci sono diversi disegni di legge in itinere. Uno è stato confezionato dall’Intergruppo parlamentare sull’innovazione, un altro lo sta predisponendo il deputato siciliano del Pdl Antonino Minardo solo per l’home restaurant (proprio i pasti in casa d’altri) e il Comitato delle Regioni sta redigendo un parere. Per sapere però se prevarrà quest’orientamento occorre aspettare Sharitaly, una sorta di stati generali dell’economia della condivisione che impegnerà imprese ed esperti lunedì e martedì a Milano.
Il primo rebus da sciogliere riguarda la natura giuridica del prestatore d’opera di Uber o di Airbnb, una figura ibrida con lo status del lavoratore autonomo e condizioni simili a quelle del dipendente. L’autista di Uber non determina il prezzo della corsa e paga alla piattaforma una commissione. L’affittacamere di Airbnb è chiaramente un lavoratore autonomo che a sua volta paga una provvigione alla piattaforma ma nell’evoluzione del business stanno sorgendo figure intermedie che fanno da cuscinetto tra il turista e il padrone di casa. Che fare dunque? Creare, come vorrebbe qualche giurista, nuovi contratti? Il buon senso suggerirebbe di aspettare vista la giovanissima età di queste esperienze ma in Italia la tendenza a scriver leggi è sempre forte. Accanto al lavoro ci sono altre materie da regolare come il pagamento delle tasse (per chi affitta casa o dà regolarmente passaggi in autostrada) e le coperture assicurative per chi viaggia con Uber o Blablacar ma si possono risolvere tutto sommato con piccole modifiche alle regole che già ora governano i vari settori. E legiferare più in là.
Il secondo punto di cui si parlerà a Milano riguarda la cosiddetta disintermediazione. È proprio vero che queste piattaforme creano un «servizio democratico» in cui il cliente non si trova più di fronte a un’offerta strutturata? Oppure più che una disintermediazione è la sostituzione dei soggetti tradizionali con player innovativi. Airbnb o Uber incassano fior di commissioni e tendono a conquistare il monopolio. Essendo business legati ai volumi hanno bisogno di fare il pieno della clientela fino a rendere di fatto impossibile l’ingresso di concorrenti. È un modello prevalente in quasi tutta l’economia digitale ed è il motivo per cui le piattaforme italiane fanno fatica a raggiungere una quota di mercato decente. Ed è anche il motivo per cui, con l’eccezione della francese Blablacar, tutti i big sono americani. È chiaro che l’effetto di sostituzione dei protagonisti del mercato genera conseguenze su tassisti e albergatori anche perché mina uno dei criteri-base dell’offerta di servizio, la professionalità. Se per guidare un servizio di trasferimento non serve un autista, se per dare da dormire non serve un albergatore, se per dare da mangiare non serve un cuoco, si generano effetti a catena sull’occupazione. Per quello che possiamo vedere ora, e per dirla con uno slogan, si tagliano «lavori» e si aggiungono «lavoretti». C’è dunque il rischio che nasca una nuova forma di dumping sociale? Sharitaly dovrà rispondere anche a questo quesito.
L’ultima domanda può essere formulata così: cosa sta apportando questo movimento alle economie del post-Crisi? Tutti citano la sharing economy perché in fondo è l’unica ricetta innovativa venuta fuori in questi anni e ognuno ci vede ciò che vuole in termini di discontinuità. Non sappiamo ancora cosa ci aspetta veramente ma qualche analogia con l’avvento del low cost forse c’è. Come nei viaggi alla Ryanair, il cliente di Uber o Airbnb spende poco, fa cose che altrimenti non si sarebbe potuto permettere ed è ingaggiato in qualcosa che somiglia a un gioco. Ma se è così siamo solo all’inizio della rivoluzione.