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 2015  novembre 06 Venerdì calendario

Ritrattino del giudice Ielo

ROMA La risolve con un’ammonizione: «Lei non può parlare alle telecamere, le ricordo che ci sono delle restrizioni del giudice nei suoi confronti». Paolo Ielo, ex pm di Mani Pulite (il più giovane del pool all’epoca coordinato da Gerardo D’Ambrosio) fischia un fallo nel primo tempo del processo più ambizioso della sua carriera. Questione di carattere e temperamento. Di fronte a lui, l’ex numero due del Campidoglio, Luca Odevaine accusato di corruzione aggravata e trasferito ai domiciliari è vittima, forse, di riflessi condizionati. Abituato a parlare ai giornalisti, interloquisce con loro anche nel primo tempo
di Mafia Capitale.
Giusto un richiamo,
poi il pubblico ministero dei processi Sme, Imi-Sir
e Lodo Mondadori torna
a sedersi accanto al collega Giuseppe Cascini lasciandogli la replica
alla difesa di Massimo Carminati. Replica che fa il suo clamore nell’aula dove fino ad ora erano stati celebrati pochi processi nei confronti della criminalità organizzata. Schermagli che poi diventano l’essenza del dibattimento e che certamente segneranno anche le prossime udienze in una partita tra accusa e difesa che certamente si annuncia ricca di colpi di scena. Ielo certamente è uno dei protagonisti, così come lo è stato finora nella sua carriera di pubblico ministero. Nel 2003, magistrato di punta, esce dal pool per tornare alla funzione che aveva già ricoperto dall’88: giudice al tribunale di sorveglianza, poi al Riesame e poi giudice per le indagini preliminari. «Ho fatto di tutto», ammette. Carattere forte. Quando nel ‘95 diede del «criminale matricolato» a Bettino Craxi nel processo per le tangenti alla Metropolitana milanese, venne giù mezzo Parlamento. Ma il giorno dopo si pentì di quella frase definendola «una caduta di stile». Ora, che è diventato uno dei punti di riferimento della procura guidata da Giuseppe Pignatone, appare più pacato, certamente più sicuro di sè.