Corriere della Sera, 6 novembre 2015
Alemanno è tutto contento perché lo vogliono portare a processo ma non per mafia. «Carminati parlerà». Ieri prima udienza
ROMA Nel giorno di apertura del processo a Mafia Capitale la notizia arriva da un’altra stanza della cittadella giudiziaria. Ed è la richiesta di processo per Gianni Alemanno, coinvolto nell’inchiesta assieme a manager, assessori e funzionari della sua amministrazione. L’ex sindaco è accusato di corruzione e illecito finanziamento con i 135 mila euro versati da Salvatore Buzzi alla fondazione Nuova Italia. «Ogni accusa e ogni aggravante connessa all’associazione mafiosa nei miei confronti è completamente caduta», celebra Alemanno. Ma la contestazione non è archiviata.
Nel perimetro dell’aula Occorsio – unica udienza in Tribunale prima del trasferimento dal 16 novembre nel bunker di Rebibbia – si celebra il processo-evento. L’assenso a essere inquadrati è – non a caso – in cima alle questioni preliminari da sciogliere. Tra i pochi a dare il via libera ci sono Buzzi e Carminati. A larga maggioranza c’è invece il sì solo alle riprese dell’aula, non alla diretta.
«La justice italienne ouvre le procès des bas-fonds de Rome», recita un lancio della France Press – uno degli ottanta media stranieri accreditati —, ma in aula sfilano personaggi tutt’altro che di bassa levatura. C’è Luca Odevaine, tra i primi ad arrivare e tra i primi a chiedere di poter andar via dopo il pasticcio delle dichiarazioni alla stampa che potrebbero portare alla revoca dei domiciliari appena ottenuti. Ci sono i consiglieri comunali Giordano Tredicine (Pdl) e Pierpaolo Pedetti (Pd), sintesi degli accordi bipartisan contestati dall’accusa.
Sono 46 gli imputati. Giovanni Fiscon, ex dg di Ama, rientra nel gruppo dopo aver provato ad uscire col rito abbreviato, sfruttato ad esempio dall’ex assessore Daniele Ozzimo. Da Rebibbia hanno assistito al processo in videoconferenza una quindicina di detenuti. Buzzi, Carminati, il suo vice Brugia, l’uomo ritenuto il «raccordo» con le istituzioni Fabrizio Testa sono rimasti invece lontani, sia pur collegati. E su questo si celebra il primo scontro tra pm e difese.
Il difensore di Buzzi, Alessandro Diddi, con una mossa a sorpresa trasferisce la responsabilità civile in capo alla 29 giugno, Eriches, Formazione Lavoro e altre coop della galassia buzziana. I cui rappresentanti erano lì, al contrario, per farsi includere tra le parti lese. In una lettera dal carcere, anticipata da «Piazza Pulita», Buzzi scrive: «Colpiscono le coop per dare una botta a Bersani». In aula, Giosuè Naso, difensore del Nero, ripete: «Carminati parlerà».
L’udienza si chiude con le 54 richieste di parti civili: Campidoglio, Regione, Confindustria, Legacoop, associazioni antimafia e vittime reali del sistema.