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 2015  novembre 05 Giovedì calendario

Cosa hanno scritto i giornali dell’inchiesta su Unicredit e Palenzona. E cosa è successo davvero

Per un mese abbiamo letto sui giornali dell’inchiesta della Dda di Firenze su Unicredit. Solito canovaccio: intercettazioni, ipotesi dell’accusa presentate come prove, il nome degli indagati in prima pagina. Per un mese abbiamo letto (sì, letto) che il vicepresidente della banca, Fabrizio Palenzona, avrebbe aiutato l’imprenditore Andrea Bulgarella nella ristrutturazione di un debito di 60 milioni. Abbiamo letto (sì, letto) che Bulgarella era in combutta con il latitante boss mafioso Matteo Messina Denaro. La banca, l’imprenditore, i soldi sporchi: serve altro per un titolo? Dopo un mese così, abbiamo letto (sì, letto) questa notizia: il tribunale del riesame ha annullato il decreto di sequestro per Bulgarella e Palenzona. Nelle tredici pagine di motivazione leggiamo (sì, leggiamo) che «le fattispecie di reato ipotizzate appaiono tutt’altro che delineate nel decreto impugnato». Leggiamo (sì, leggiamo) che non c’è nemmeno «il fumus» dei reati. Che le prove portate dagli inquirenti non sono nemmeno «indizi», che il prestito non è mai stato concesso, che Palenzona e Bulgarella non si sono mai incontrati e che quest’ultimo era considerato «il più pulito dei costruttori siciliani, l’immobiliarista di fiducia di Falcone e della procura di Palermo... Amico di Pio La Torre...». Ora leggiamo (sì, leggiamo) che Bulgarella è contento di aver trovato «un giudice che si è letto le carte» (che-si-è-letto-le-carte). Infine leggiamo che «nonostante questa battuta d’arresto, l’inchiesta proseguirà». Sì, leggiamo; e trasecoliamo.