La Stampa, 5 novembre 2015
Gli azionisti riluttanti di Telecom
Dunque, il presunto «scalatore» della Telecom, Xavier Niel, si starebbe limitando per ora a una semplice passeggiata. Ieri il finanziere francese che da una settimana sta facendo agitare le stanze del potere – finanziario e politico – italiano ha comunicato alla Consob che le sue opzioni sul 15,1% della Telecom si potranno trasformare in azioni con diritto di voto solo a partire dal prossimo giugno. E in ogni caso, siccome una parte di quelle opzioni verranno regolate con contanti e non con titoli, la quota massima di Telecom che Niel potrà avere, alle condizioni attuali, è il 10%.
È un caso strano, questo di una Telecom Italia che da una parte potrebbe essere fondamentale per gli interessi strategici del Paese – specie per quel che riguarda la banda larga – e dall’altra è piena di azionisti riluttanti. Un po’ riluttante è Niel, che con la sua posizione sembra più intenzionato a cavalcare futuri progressi del titolo che non a incidere in modo deciso sulle strategie della società, non certo alleato, ma neppure avversario, dell’altro socio francese Vincent Bolloré. Riluttante pare anche lo stesso Bolloré, che pur avendo rastrellato il 20%, fa sapere di non avere nessuna fretta di mettere i propri uomini in consiglio prima dell’assemblea della prossima primavera; come se uno comprasse un appartamento dove andare ad abitare, lo arredasse di tutto punto, ma poi preferisse aspettare prima di occuparlo. Riluttanti sono stati gli azionisti finanziari italiani riuniti in Telco che nel corso degli ultimi otto anni non hanno mai deciso di scommettere sull’azienda con un aumento di capitale e adesso fanno a gara a chi esce prima dall’azionariato. E riluttantissimi, infine, sono i capitali italiani che evidentemente non vedono una prospettiva per l’azienda e quindi ne stanno fuori. Peccato che al posto loro qualche idea l’abbia probabilmente Bolloré.
Da questo punto di vista la «passeggiata» borsistica di Niel, con i conseguenti allarmi su una possibile scalata francese alla telefonia di casa nostra e la preoccupazione del governo, può avere il merito di fare chiarezza su alcuni punti. Chi conosce bene Bolloré è convinto che nella sua strategia voglia mettere assieme i contenuti media (che stanno nella sua Vivendi) con le reti che raggiungono i clienti, in Italia, Francia e forse anche Spagna. È un integrazione che sta avvenendo anche altrove nel mondo e che in Italia potrebbe vedere protagonisti – almeno in teoria – anche due forti produttori di contenuti come Rai e Mediaset. Forse sarà con questa idea che la banda larga di Telecom potrà decollare. Ma per cablare tutto il Paese, comprese le zone meno popolate e redditizie, Telecom da sola non basterà. Qui si riapre il ruolo del governo e degli incentivi pubblici per la banda larga. L’ex monopolista, anch’esso nella categoria dei riluttanti, nicchia da tempo sull’idea di un accordo con Metroweb, la società controllata dalla Cassa depositi e prestiti che ha già cablato le principali città ed entro il 2018 vuole arrivare a coprirne cento. Tre giorni fa sia Vodafone sia Wind hanno firmato una proroga delle trattative, fino a fine anno, con Metroweb e alla finestra ci sarebbe anche Enel. L’importante adesso è scegliere e non perdere altro tempo.