GQ, 5 novembre 2015
Storia di Ed Houben, il più grande procreatori al mondo. È padre di 106 bambini, due terzi concepiti con metodi naturali (ossia tramite rapporto sessuale) e il restante mediante inseminazione artificiale
La prima volta che Ed Houben andò a letto con la moglie di un altro uomo risale a 14 anni fa: Ed, allora trentaduenne, si trovava ad Amsterdam e, ritenendosi tutt’altro che attraente, credeva che nessuna donna avrebbe mai più avuto rapporti sessuali con lui. Non era certo vergine, ma le storie da lui avute, a dirla tutta, erano state rare come cani nello spazio. Lui sosteneva di non sentirne la mancanza – del sesso, intendo – impegnato com’era nel suo lavoro di volontario per la guardia nazionale e nelle ricostruzioni storiche di guerre.
Prese, allora, un’importante decisione. Convinto di non essere destinato a metter su famiglia, Ed Houben stabilì di diventare un donatore di sperma. Si presentava due volte al mese in una clinica, per “produrre” nella “sala di produzione”, e riempiva una provetta in cambio di denaro. La prima volta che ci andò non presero neppure nota del suo nome: «“Ho una provetta piena”, dissi. E la persona alla reception: “Ah, bene, grazie. La lasci pure sul banco”».
Con il passare del tempo, Ed senti l’esigenza di una maggiore intimità. Su vari siti internet cominciò a offrire il proprio servizio a domicilio: avrebbe prodotto il campione nel bagno al piano inferiore e l’avrebbe consegnato al piano superiore – toc toc – per poi sparire. In quel caso, ad Amsterdam, Ed credeva che le cose non sarebbero andate tanto diversamente.
La donna era andata a prenderlo alla stazione, in bicicletta, e lo aveva portato a casa propria, dove li aspettava il marito di lei. Fu preparata una cena, e i tre – moglie, marito, Ed – chiacchierarono fin quasi alle 23. Lei, forse un po’ agitata, si fumò una canna e andò al piano superiore. Ed aveva ormai perso l’ultimo treno per Maastricht. Forse, pensò, stava esagerando con lo spirito di servizio. Il marito continuava a chiacchierare, e a mezzanotte Ed disse: «Ascolta, purtroppo devo tagliar corto: domattina dovrò prendere il primo treno per tornare a casa...». Eccetera eccetera. Sapeva bene quanto quella coppia desiderasse un figlio, e lui era pronto ad aiutarli. La donazione di sperma, per quanto assurdo possa sembrare, era ciò che dava senso alla sua vita. Quanto alla coppia, l’uomo non poteva aver figli perché si era sottoposto a vasectomia.«Mia moglie», disse l’uomo, «è un’artista ed è molto legata alla natura. Insomma, crede che da una siringa da 12 centesimi non possa nascere un bambino felice. Mi ha chiesto di domandarti – perché lei è troppo timida per farlo da sé – se saresti disposto a concepire questo bambino in maniera classica, naturale».
A quel punto fu Ed ad agitarsi. «Non sapevo proprio che cosa rispondere. Ero in una situazione che molti uomini avrebbero trovato molto eccitante: un uomo mi stava chiedendo di andare a letto con sua moglie senza che io dovessi temere alcuna conseguenza. La mia reazione romantica fu di domandare se potessero dimostrare che lei non aveva malattie veneree».
Ed ci pensò su per un quarto d’ora, un tempo non indifferente per una coppia in quella situazione. C’è qualche ragione etica per non farlo? A chi farei del male? In fondo, non è questo il modo in cui i 7 miliardi di abitanti del globo sono venuti al mondo? Alla fine, Ed decise di «lasciare che le cose andassero per il loro verso». Salirono al piano di sopra, aprirono la porta, e la donna fu molto contenta di vedere che c’era anche Ed. «Eravamo in tre a letto, e io ero così sorpreso che non sapevo cosa dire. Ero combattuto, avevo la testa piena di pensieri poco eccitanti, ma lui non mi sfiorò neppure per sbaglio. Voleva solo essere presente al concepimento del figlio». Da quella volta, Ed non ebbe più problemi con i mariti che volevano essere presenti mentre lui stava a letto con le loro mogli.
Il suo lavoro, inoltre, non si limitava alle coppie eterosessuali sposate: richiedevano i suoi servigi anche centinaia di donne single, gay o legate tra loro in altre ambigue maniere. Oggi, all’età di 46 anni, Ed Houben è uno dei più importanti procreatori al mondo, padre di 106 bambini, due terzi dei quali concepiti con metodi naturali (ossia tramite rapporto sessuale) e il restante terzo mediante inseminazione artificiale.
A questi, secondo i suoi calcoli, se ne aggiungerebbero altri 30 circa, risalenti agli anni della clinica. In altre parole: Ed Houben, che un tempo aveva un rapporto sessuale ogni morte di papa, ha messo al mondo all’incirca sette bambini all’anno negli ultimi 15 anni. E poiché non ha ancora smesso, una botta alla volta, sta entrando nella storia. Il suo lascito è talmente prodigioso che la BBC l’ha definito “l’uomo più virile d’Europa”, mentre sui media viene soprannominato Stallone o “Sperminator”.
Ciononostante, non ha difficoltà a descriversi sul suo sito come “un grassone brutto e con gli occhiali”. Scapolo tarchiatello dalla testa vagamente squadrata e un’arcata dentale inferiore irregolare, Ed Houben abita in un appartamento di cinque locali – semplice come una casa da studenti universitari – da cui sua madre passa spesso, per cucinare e fare le pulizie. Non ha l’auto: anzi, si sposta sempre in bicicletta, con qualunque tempo.
Insomma, è forse il più improbabile degli inseminatori naturali (noti nell’ambiente dei donatori come N.I., per distinguerli dagli A.I., che sono quelli artificiali), ma anche il migliore, posto che sia possibile fare certe classifiche. In ogni caso, è una persona dall’aria normalissima che fa una vita straordinariamente anormale. Beve il caffè e va al lavoro (non dice dove, per il bene del suo principale, ma il lavoro consiste nel condividere il proprio amore per Maastricht e la sua storia, con uno stipendio annuo di 18mila euro).
Va in giro per la città vecchia, salutando i conoscenti con un sorriso allegro.
Poi, però, la sua agenda extra-lavorativa è imperniata su una serie sempre mutevole di impegni, determinati dai cicli di ovulazione delle sue clienti che arrivano da Paesi europei, ma anche dal Brasile e dall’Australia, da Hong Kong e dal Giappone. E a volte gli chiedono di volare dall’altra parte del globo per accoppiarsi con loro. In una settimana da record, ha avuto sei partner e quattordici eiaculazioni (per un totale di 4 miliardi di spermatozoi rilasciati), anche se non è che tenga il conto (o sì?). Gli è anche capitato di congiungersi con tre donne diverse in un giorno, e in un periodo di particolare fecondità ha consecutivamente ingravidato otto donne.
«Ho aiutato gente ricca, gente povera, persone che nel loro Paese sono famose», dice. «Vengono da me perché il sistema sanitario le ha portate alla disperazione, e io offro loro un’opportunità migliore della scopata occasionale». A chi si trova in fondo alla fila, scoraggiato e senza valuta, Ed offre i suoi servizi gratuitamente, perché a suo parere la vita non dovrebbe essere monetizzata. «Sono ricco di bambini», dice, «ma non di soldi».
Nel suo ufficio incasinato, Ed mi mostra le foto di alcune delle donne e dei loro figli, una metà dei quali, almeno, conosciuti personalmente: “Jacob” di Gerusalemme, “Eve” di Berlino. Alcuni sono di razza mista, e ce ne sono di varie religioni: una figlia musulmana, un figlio ebreo ortodosso. In qualche caso ha dimenticato i loro nomi. Sfogliando le foto, dice: «Questa assomiglia alla madre... Questo assomiglia al padre». Riflette un istante e poi conclude, perplesso: «Si direbbe che almeno la metà dei miei figli siano biondi con gli occhi azzurri. Considerando quel che mi hanno insegnato al liceo sulla genetica, a volte mi domando come sia possibile».