Il Sole 24 Ore, 5 novembre 2015
Il prossimo 3 dicembre potrebbe consumarsi il divorzio tra le politiche monetarie di Bce e Fed: Draghi dovrebbe lanciare il Qe2 per espandere l’economia europea, e poco dopo la Yellen dovrebbe annunciare un primo rialzo dei tassi per restringere quella statunitense. La vera incognita è però il tasso di cambio tra euro e dollaro
Il 3 dicembre potrà restare negli annali come «il giorno della divergenza». Il momento in cui Fed e Bce imboccheranno strade differenti. In mattinata la Banca centrale europea annuncerà infatti con ogni probabilità le nuove misure monetarie per stimolare l’economia del Vecchio continente. Lo stesso giorno, nel pomeriggio, la presidentessa della Fed Janet Yellen parlerà al Congresso, dando forse ulteriori indicazioni sulla sua intenzione di rialzare i tassi d’interesse il successivo 16 dicembre. Il 3 dicembre il «divorzio» nelle politiche monetarie tra Europa e Stati Uniti potrebbe dunque diventare ancora più manifesto. Non che non lo sia già oggi, dato che le dichiarazioni degli esponenti di entrambe le banche centrali non fanno nulla per far credere il contrario.
Eppure proprio la prevedibilità dei due eventi (cioè il rialzo dei tassi Usa e il «Qe2» in Europa) rischia di trasformarsi nel bastone tra le ruote al loro verificarsi. La vera incognita è data dal tasso di cambio tra euro e dollaro: più la Bce rende espansiva la sua politica monetaria e più la Fed la restringe, infatti, più il dollaro tenderà a rincarare rispetto all’euro. Già ieri l’euro è sceso a quota 1,08 sul biglietto verde. Questo darà ovvi benefici alle imprese dell’area euro (che indirizzano negli Stati Uniti il 6,7% del loro export totale), ma creerà problemi a quelle statunitensi. Ed è proprio questo che potrebbe frenare la Fed. La domanda, insomma, è: potrebbe il rincaro del dollaro diventare il motivo per cui la Fed deciderà di rinviare ancora una volta il tanto atteso rialzo dei tassi Usa?
Molto dipenderà da cosa la Bce annuncerà il 3 dicembre e da quale sarà l’effetto sul mercato dei cambi. Ma in generale gli economisti sono portati a credere che – comunque – la Fed non può far altro che alzare i tassi d’interesse: probabilmente di poco, abbinando la mossa a una retorica molto tranquillizzante. Ma il costo di una non-azione, in termini di credibilità, potrebbe essere troppo alto. Non resta che attendere: il primo appuntamento è per il 3 dicembre.