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 2015  novembre 05 Giovedì calendario

«Non sopportavo più la scrittura accademica. Con Twitter ho trovato la mia voce». Intervista a Eric Jarosinski, “intellettuale fallito” che ha abbandonato l’insegnamento facendo fortuna su Twitter

Stufo di spendere la propria vita sui testi filosofici, ormai incapace di trovare la propria voce, la ragione stessa di tutto quel lavoro fra i grandi pensatori del passato, Eric Jarosinski ha cercato una via di fuga tecnologica. Senza rinnegare nulla. Ed è stata la sua fortuna. Docente di letteratura e cultura tedesca moderna e di teoria critica, ha abbandonato l’insegnamento, creando nel 2012 l’account twitter @NeinQuarterly (“un compendio di negazione utopica”), infondendo nel dorato mondo dei social un po’ di sano pessimismo di stampo germanico e raggiungendo un successo impensabile, tanto da superare la soglia dei centomila follower.
I suoi tweet funzionano davvero perché, oltre a essere irriverente (“Da Starbucks ordino con il nome Godot e poi vado via”; “Weekend: i due giorni della settimana in cui l’alienazione è tutta per te”) ha saputo mescolare il tutto con cinica ironia. Lo dimostra anche il logo scelto: un primo piano stilizzato di Theodor W. Adorno, con il monocolo. Come dire, ti porgo un omaggio, ma non prendiamoci troppo sul serio.
Eric Jarosinski nei giorni scorsi ha fatto tappa anche in Italia per promuovere la sua raccolta, Nein. Un manifesto (Marsilio). Studioso del linguaggio – si descrive come un autore di aforismi su internet – Jarosinski non è preoccupato dal futuro del giornalismo nell’era dei social ma teme per le sorti di Twitter che rischia di smarrire se stesso per frenare la fuga dei suoi utenti…
Professor Jarosinski, dopo anni di “think positive”, è venuto il momento di fare spazio a un po’ di razionale pessimismo?
Penso che quel tempo sia arrivato molto tempo fa. Ma meglio tardi che mai.
Su Twitter si definisce “intellettuale fallito” ma è considerato un influencer di successo. Com’è nato @NeinQuarterly?
Il mio account Twitter è stato il risultato di una grande quantità di frustrazione accumulata quotidianamente con la scrittura accademica. Non riuscivo più a sopportare la lingua della mia disciplina, io stesso ero incapace di trovare la mia dimensione. Twitter mi ha dato la possibilità di trovare la mia voce.
Come logo ha scelto una caricatura di Theodor W. Adorno con il monocolo logo…
Mi piace pensare che avrebbe reagito bene, dimostrando senso dell’umorismo. Ma lui non l’avrebbe mai indossato.
Nella prefazione scrive che “Nein non è un semplice no”. Desacralizzare la filosofia è la via del maestra nella cultura pop?
Penso che molte persone siano interessate alle questioni strettamente filosofiche e alle domande che pone ma sono altresì spaventate dalla filosofia stessa. Non c’è alcun bisogno di rendere popolare la filosofia o di semplificarla assurdamente, sino a banalizzarla. Ma la filosofia ha davvero bisogno di essere demistificata.
Cosa c’è dietro un tweet di successo? Si tratta di una sfida, un gioco di contraddizioni?
Tutto dipende da come si misura il successo. Ma, in generale, sì: il segreto sta nel gioco di contraddizioni. Un tweet ha bisogno di creare una tensione per poi fare qualcosa di inaspettato con essa.
È in atto una copiosa fuga di utenti da Twitter. Fra le ipotesi al vaglio anche la rinuncia ai fatidici 140 caratteri. Cosa ne pensa?
Credo che rinunciare al limite dei 140 caratteri sarebbe un grave errore. Anche se la maggior parte degli utenti può esserne inconsapevole, sono proprio la brevità e l’immediatezza a rendere Twitter ciò che è.
Come si svolge nel quotidiano la giornata di un influencer ovvero come nascono i suoi tweet?
Purtroppo ormai ho davvero poca routine nella mia vita. Le mie giornate sono scandite dal flusso di notizie che devo seguire molto da vicino poiché ho delle rubriche fisse in Germania per il settimanale Die Zeit e in Olanda su NRC Handelsblad, scrivendo prevalentemente di politica. Ma non solo. Durante l’ultimo anno ho trascorso molti, molti giorni in viaggio, partecipando a conferenze, letture e altri eventi. Io l’ho ribattezzato il “tour di buona volontà dell’intellettuale fallito”.
Il giornalismo del futuro sarà fatto da periodi composti da singole frasi lunghe appena un tweet?
No, io non la penso così. Penso che alla gente piaccia ancora leggere e in futuro continueranno a voler leggere articoli più approfonditi ma la competizione è sempre più dura. Chiunque abbia intenzione di scrivere reportage o pezzi d’opinione dovrà essere capace di raccontare bene la sua storia.
Al giorno d’oggi è possibile acquistare migliaia di follower con pochi clic. In fondo siamo tutti alla ricerca di un palcoscenico e di una folla che ci ascolti, anche se virtuale?
Forse è così. Il primo passo è quello di stabilire un tipo di legittimità che deve riguardare tanto noi stessi che tutto ciò di cui abbiamo intenzione di twittare. Ma le persone non sono stupide. Se non hai niente da dire, tutti se ne renderanno conto molto rapidamente.