Corriere della Sera, 5 novembre 2015
Descrizione del fondo Zanetti, 694 lettere di D’Annunzio che stanno per passare al Vittoriale (Giordano Bruno Guerri)
Il pubblico che affolla il Vittoriale, uno dei musei più visitati d’Italia, si accosta alla dimora del poeta-soldato, costruita a Gardone Riviera ad esaltare la sua «vita inimitabile», per entrare nello spirito e nei sensi del letterato debordante e bizzarro. Si perde nei maestosi giardini (premio al Parco più bello d’Italia 2012), si ferma incuriosito nelle stanze del «Museo d’Annunzio segreto» sbirciando dentro le teche tra gli oggetti –feticcio recuperati dagli armadi e dai cassetti della casa del Vate.
Ma la ricchezza nascosta, accessibile agli studiosi, sta negli Archivi del Vittoriale: patrimonio di manoscritti, arricchitosi con la presidenza dello storico Giordano Bruno Guerri, teso a dare nuovi impulsi a un «bene» che ha dimostrato di fruttare culturalmente ed economicamente. Guerri nell’infaticabile opera di raccolta di materiali, acquistati e spesso ricevuti in dono, non trascura nulla, neppure la lettera autografa uscita dalle ribaltine degli eredi di qualche attendente che ebbe a che fare con il poeta. Ciò detto, qui parliamo di un importante fondo di circa 3.000 documenti autografi (lettere d’amore, testi vari, discorsi pubblici) che sta per traslocare dalla cassaforte di Martino Zanetti, imprenditore veneto, agli archivi dannunziani. In buona compagnia con altri preziosi manoscritti di ingresso recente. Il corpus documentale di Zanetti è composto in gran parte da lettere d’amore, che il Vate scrisse a due donne amate in periodi opposti della sua vita: la giovinezza e la vecchiaia.
Il primo e l’ultimo amore. Quattrocentosessantasei lunghissime lettere, inviate tra il 1881 e il 1882 (d’Annunzio nacque nel 1863) a Giselda Zucconi (soprannominata Elda o Lalla), figlia di Tito, docente di Lingue, poeta e traduttore con trascorsi garibaldini. Gabriele e Giselda si conoscono nella villa fiorentina della famiglia di lei. I «due occhioni erranti, misteriosi e fondi come il mare» infiammano il giovanotto. Che in un anno e mezzo, da Roma, inonda la ragazza di parole roboanti, con confessioni e promesse amorose, esaltazioni sensuali: d’Annunzio si sta trasformando da collegiale di provincia a incantatore. L’amore per Elda si consuma velocemente. Il secondo epistolario (228 lettere) ha per protagonista la contessa Evelina Scapinelli Morasso, figlia di Mario Morasso amico del Vate e ideologo/influenzatore di avanguardie. Evelina (Manah, Maya, Titti), trentenne, fu ospite abituale del Vittoriale fra il 1936 e il 1938. «Donna di alto stile dopo tante donne addomesticate», dice di lei d’Annunzio. Che, al di là delle molte lettere pregne di erotismo e perfino di pornografia (a disegni) all’amata, si sente stanco, vecchio e prossimo alla morte.
Al punto da invocarla. E glielo rivela: «Tu non puoi amarmi, voglio morire». Presagio di suicidio? Osserva Guerri: «Il dubbio su d’Annunzio morto suicida si era già affacciato alla mente degli studiosi, me compreso, ma senza alcun elemento di prova. Tuttavia, dalla lettura di queste lettere, si può almeno riprendere l’indagine». La consegna ufficiale del fondo Zanetti, il dono più importante ricevuto dal Vittoriale avverrà l’11 novembre a Treviso. Quindi si passerà all’inventario e all’esame. Tra un anno l’Archivio aprirà le porte agli studiosi.