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 2015  novembre 05 Giovedì calendario

Riassunto delle astuzie di Chaouqui

«Scherzi?», s’erano scandalizzati nella sala stampa vaticana. «Quella ormai deve starsene zitta e buona».
Può fare comodo immaginarla impaurita e pronta a collaborare. Corvo spennato. Lobbista mortificata. Gesuita pentita.
E invece Francesca Immacolata Chaouqui se la ride, fa la spiritosa.
(«Sono innocente. Non ho tradito il Papa. Non ho passato fogli a nessuno. E, davvero, non ho altro da aggiungere... Anzi, no, una cosa da aggiungere c’è: le ultime ore l’ho trascorse a smentire colloqui riservati che i giornalisti poi trasformano in interviste. Lei sta scrivendo?».
Sì.
«Appunto. Vedersi tradire la fiducia è la cosa peggiore che possa capitare a una persona».
Lo dica al Santo Padre.
«Sono state scritte un mucchio di bugie...».
Lei ora dov’è?
«Vuol sapere dove sono?».
È un segreto?
«Sono ai ferri, in una cella di Castel Sant’Angelo... mentre Monsignore...».
Monsignor Lucio Angel Vallejo Balda?
«Sì... Lui, purtroppo, è già stato crocifisso a testa in giù. Una fine orribile, mi creda»).
Ironia macabra, ma che aiuta a capire: è una donna di 31 anni sposata (di Corrado Lanino, il marito, parleremo meglio tra poco) spregiudicata e furba, determinata e veloce. «Sogna l’impossibile e vivilo», le diceva la zia poliomielitica a San Sosti, un paesino in provincia di Cosenza, dove Francesca Immacolata è cresciuta con la nonna e la madre (il padre è un egiziano che aspettò la sua nascita e poi sparì).
L’impossibile: essere nominata nella commissione chiave delle finanze vaticane da un Papa che vuole rivoluzionare la Chiesa. Lei, l’unica donna.
Che arriva da lontano a passo veloce. «Giunta a Roma non superai il test per Medicina, così passai a Giurisprudenza. Però mi piaceva scrivere e cominciai a collaborare con un giornale, “Roma In”. Facevo interviste al Senato e Giulio Andreotti lo sorpresi, da solo, in sala lettura. Gli chiesi un consiglio: mi disse di provare con il famosissimo studio Pavia e Ansaldo... Lì mi assumono e conosco la contessa Marisa Pinto Olori del Poggio, che mi insegna tutto: da come si apparecchia una tavola a come si fanno conoscenze in Vaticano. Passo allo studio “Orrick”, approdo alla “Ernst&Young”, mi iscrivo all’associazione di Enrico Letta “VeDrò”, mi ritrovo spiritualmente vicina all’Opus Dei. Finché, un giorno, mi telefona monsignor Balda: “Sei candidata al comitato referente sui dicasteri economici della Santa Sede”».
Schegge di biografia raccolte da l’Espresso.
Messa così, una carriera leggera, limpida, fortunata.
Invece c’è altro. Molto altro.
Per cominciare: il marito, Corrado Lanino. Si conoscono chattando e, al primo incontro, Francesca Immacolata – all’epoca diciassettenne – si presenta con la divisa dell’Unitalsi di ritorno da Lourdes.
Lui è un giovane e geniale consulente informatico che (nella vita le coincidenze sono tutto) finirà a fare il responsabile del terzo livello della rete Internet del Vaticano (quello relativo a tutti gli uffici).
Lei, con la rete, è un filo meno fortunata (diciamo così): perché proprio mentre inizia a frequentare da lobbista il sottobosco vaticano – siamo nel 2012, anno di Vatileaks – dal suo profilo Twitter cominciano a partire cinguettii pesanti.
Un po’ sono scritti da persona «informata» di certi fatti: «Paolo Gabriele non è il corvo», «Papa addolorato per arresto cameriere», e poi complimenti enormi al giornalista Gianluigi Nuzzi. Un po’ sono veleno schizzato in rete: il cardinale Bertone è «corrotto», Giulio Tremonti «aveva il conto allo Ior: ufficializzato che è gay, gliel’hanno chiuso», «Papa Ratzinger è affetto da leucemia».
Roba pesante.
Ma c’è un colpetto di scena: «Io non c’entro niente con quei tweet. È mio soltanto quello sulla malattia di Ratzinger». Non solo: molti tweet – dopo la nomina alla Commissione finanze – addirittura spariscono dal suo account. «Tutto chiarito: erano screenshot, gli hacker entrarono nel mio profilo».
Gli hacker sono tremendi, peggio di una tigna: del resto, avendo in casa un marito che è maestro di informatica, Francesca Immacolata ne conosce bene la pericolosa abilità.
«Io, comunque, sempre vittima». Come quando, durante la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, organizza un party sulla terrazza della Prefettura degli Affari economici (papa Francesco venne a sapere e reagì malissimo). E come pure stavolta, giura: perché è chiaro che monsignor Balda, l’altro presunto corvo di questa stagione vaticana, «mi tira dentro, rabbioso, come impazzito, per alcune promozioni che gli sono state negate».
Monsignor Balda: crocifisso, sghignazzava prima, a testa in giù (evocando, così, il martirio di San Pietro).