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 2015  novembre 04 Mercoledì calendario

Milano, Roma, il pessimo personalismo di Renzi e la necessaria unità del Pd. Intervista a Gad Lerner

Tra il Palazzo di Milano e l’Ignazio di Roma: tutto intorno a Marino. Gad Lerner – giornalista, scrittore e iscritto al Pd – comincia così: “Non è un bel segnale per le regole democratiche che la vicenda romana sia stata risolta davanti a un notaio e non nell’Aula del Campidoglio. Però ha sbagliato anche il sindaco a non andarci subito: il giochino ‘mi dimetto, anzi no’ lo ha fatto lui, da solo, lontano da quell’aula”.
È vero che Milano è tornata a essere la capitale morale?
Milano ha saputo affrontare un tema drammatico come quello della corruzione grazie al rapporto tra istituzioni – il Comune, l’Expo e la magistratura – che hanno lavorato insieme. Ma l’effetto virtuoso si è potuto verificare perché la giunta cittadina è risultata estranea agli scandali. L’originalità dell’esperienza milanese deriva anche dal fatto che qui non c’è stato bisogno di dividersi su spartiacque nazionali, tra renziani e anti renziani. Di questo bisogna fare tesoro anche per il futuro: se l’appartenenza dovesse diventare la discriminante, si rischierebbe di spaccare tutto.
Come giudica l’ipotesi Sala?
Faccio parte del comitato degli undici garanti che vigilerà sulle primarie: in questa veste sarebbe improprio che io mi esprimessi a favore di uno o dell’altro, come invece avevo fatto l’ultima volta sostenendo Pisapia contro le indicazioni della segreteria nazionale. Detto questo, è una bella notizia che un protagonista della vita milanese come Beppe Sala prenda in considerazione l’impegno politico. Che è una scelta di campo, oltre che un servizio pubblico. La carta dei valori, cui i candidati alle primarie aderiranno, definisce un’alternativa alla destra fascio-leghista, attraverso progetti che sono frutto delle esperienze di questi anni. Penso alla sharing economy, al co-working, alla centralità dei diritti di cui Milano è stata capofila. Credo che Sala, durante l’esperienza di Expo, abbia fatto un lavoro politico grazie alla collaborazione con il metodo della giunta Pisapia, che è un metodo partecipativo cui la città ha risposto prontamente. Mi risulta che nel 2011 Sala abbia votato Pisapia: non è un estraneo cui opporre pregiudiziali ideologiche. Il mio non è un endorsement, ma credo che la partecipazione di Sala alle primarie sarebbe un arricchimento. Le candidature devono nascere a Milano: qualunque scelta imposta da Roma sarebbe catastrofica.
In un’intervista al Fatto, Alfredo Reichlin ha parlato di un naufragio dei valori fondanti del partito.
La sua descrizione di una realtà in cui i mercati comandano, i tecnici governano e i politici vanno in tv a fare annunci, è un modo apocalittico di descrivere un problema reale: dunque in sintonia con i tempi. È curioso che questa visione ce l’abbia un comunista di formazione togliattiana, perché per tradizione i togliattiani non sono mai stati radicali. Condivido però con Reichlin il rimpianto per il grande partito della sinistra che non c’è più. Ma oggi la risposta può solo essere solo unitaria.
Reichlin ha coniato l’espressione partito della Nazione.
La sua visione è stata deformata da Renzi come virata centrista. Ma esprimeva una necessità: per affrontare le grandi sfide dell’immigrazione, della guerra sui nostri confini, del debito inestinguibile, serve un grande partito. Non una sinistra che si accontenta di sopravvivere col 10%.
Cacciari dice che il Pd è morto con Veltroni.
Lui è sempre drastico, va incontro a innamoramenti e delusioni frequenti. È stato rutelliano, veltroniano… e oggi butterebbe l’esperienza del Pd perché ne vede i limiti di leadership. E ha ragione: non c’è dubbio che Renzi sia un pessimo segretario del partito e che faccia un uso personalistico della leadership. Non ha saputo costruire nei territori e ha permesso che i potentati proliferassero per pura convenienza elettorale. Confida così tanto nella propria immagine da illudersi che basti candidare controfigure solo perché nei talk show televisivi fanno i supplenti del leader. Non per questo però si può arrivare a dire che la sinistra deve radunarsi altrove… Il “laboratorio milanese” fondato sulla partecipazione dei cittadini può essere d’esempio: ci si confronta e si lavora insieme per il bene comune.