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 2015  novembre 04 Mercoledì calendario

Campa di niente (un caffè, al massimo un’oliva all’ascolana), lavora fino all’eccesso e sa persino domare le piene del Tevere. Quel «Monsù Travet grigio e secchione» di Tronca è sbarcato nella Capitale da un paio di giorni, e la stampa filogovernativa l’ha già trasformato nel «Supereroe che cala sull’Urbe con gli immancabili superpoteri»

A una prima occhiata, lo si direbbe un Monsù Travet grigio e secchione come se ne vedevano tanti, quando la Pubblica Amministrazione non era ancora una succursale dei reality, perfetta per i super-ego dei Bertolaso e dei Gabrielli. O meglio, non se ne vedevano perché i prefetti erano invisibili: laboriosi, non boriosi. Il guaio, per Francesco Paolo Tronca, prefetto uscente di Milano e commissario entrante di Roma, è che non c’è spazio per i tipi come lui nel grande Truman Show italiota. O si trasforma da coniglio a leone e comincia a ruggire a tutto spiano su ogni ramo dello scibile umano, cioè si gabriellizza, oppure alla metamorfosi provvederanno a colpi di lingua la stampa e le tv. Che, in tutto lo psicodramma romano, giocano una partita ben precisa: devono dimostrare che bastava cacciare Marino, la sua giunta e la sua maggioranza (ma di quelle è meglio non parlare, sennò i colpevoli diventano troppi) per rivedere Roma più bella e più superba che pria. Serve un nuovo eroe da dare in pasto al popolo, onde evitare che la gente ragioni e – quando la faranno eventualmente votare – punisca i veri responsabili. Ecco dunque il travet Tronca trasformato, in un paio di giorni, nel Supereroe che cala sull’Urbe con gli immancabili superpoteri.
E, siccome uno non basta, eccone un altro: il garrulo prefetto Gabrielli, anche lui “super”, in procinto di fare il commissario straordinario al Giubileo, cioè megasuper. E, siccome non ne bastano neppure due, ecco i “sette subcommissari”, il “Dream Team”, la “Cabina di Regia”, il “Tavolo di dieci componenti” (Foppa Pedretti?), a fare buon peso. E miracoli, anche: i 30 milioni concessi a Marino, ora che s’è levato dalle palle, decuplicano miracolosamente in 300: ma sì, signori miei, mi voglio rovinare! Però sia chiaro che “la cabina di regia sarà a Palazzo Chigi” e “a dare le carte è sempre Renzi in persona, intenzionato a ‘buttarsi a capofitto’ sul dossier Roma”, perché non se ne può più di questo “ritardo nell’avvio dei lavori” (il Messaggero). “La parola chiave è una sola: squadra” (l’Unità). Il fatto che il ritardo sia colpa non di Marino, ma del governo Renzi che non fa una mazza da aprile, quando il Papa annunciò il Giubileo, è un dettaglio su cui conviene sorvolare. Non una notizia gufa deve turbare il giornalismo costruttivo dell’ottimismo obbligatorio né frenare l’empito delle lingue in ipersalivazione. Tronca ha “uno stile misurato e molto sobrio” (il Messaggero): persino Monti gli fa una pippa.
“Riservato e sostenitore del basso profilo, sicuro di sé, uomo dello Stato e degli stivali nel fango… inizia le giornate con la rassegna stampa e le prosegue guardando le notizie di Sky sul grande televisore Samsung… Adora i problemi perché non vede l’ora di risolverli. La passione per le armi antiche e per Garibaldi – spade, quadri e busti affollano l’ufficio – forse non sono un’inconscia proiezione dello spirito battagliero di quest’uomo che mangia niente (al massimo un’oliva all’ascolana nei rinfreschi), lavora fino all’eccesso e non conosce ferie” (Corriere, tutto d’un fiato). A volte pare che i sanitari debbano ricorrere all’alimentazione forzata, con flebo e sondini nasogastrici, per nutrire il piccolo Stakanov curvo nelle sue maratone h 24.
Le sue imprese, sfuggite ai più sino all’altroieri, diventano leggendarie. Uomo di “una serenità olimpica” ma anche giubilare ed espositiva (Corriere), “persona particolarmente rigorosa e seria… attento alle tematiche sociali, all’occupazione e alla povertà”, “domò la piena del Tevere nel 2008” (il Messaggero), con le nude mani e la sola forza del pensiero. Dotato di fiuto rabdomantico, appena atterrato a Roma – informa sempre il Messaggero – Supertronca ha subito intuito chi comanda: infatti s’è messo la fascia tricolore sul “trench classico blu”, ha consumato un sobrio pasto (“solo un caffè per pranzo”, in luogo della consueta oliva all’ascolana che l’avrebbe un po’ appesantito) ed è corso a genuflettersi al Papa, la cui “speciale benedizione” – assicura il Benedetto – “mi ha dato la forza per andare avanti”: del resto, “quando si ha un sorriso benedicente come quello del Santo Padre, il timone lo si tiene in modo più solido”. Che farà, ora, il nostro eroe? “Mi rimboccherò le maniche”. Parbleu. “Ce l’ho fatta con l’Expo, ce la farò anche a Roma”. Mizzica. Nessuno sa che diavolo c’entri il prefetto con l’Expo in una città, Milano, dotata di sindaco e commissario all’Expo. Ma basta che Renzi esalti il suo “lavoro sotterraneo e straordinario per l’Expo” (Messaggero) perché tutti lo ripetano a pappagallo, così finirà per crederci anche lui (la visita al padiglione di Dubai durava quanto il volo Milano-Dubai, ma pure questo è indice di efficienza).
Abolita momentaneamente la democrazia nella Capitale, Tronca dovrà “accelerare le gare, andare in deroga al codice degli appalti per intervenire subito sulle priorità della città” (Messaggero), come ai bei tempi di Bertolaso e di Mafia Capitale. Sarà pericoloso? Ma no, anzi: il Tronchetto della felicità – informa il Messaggero con gran naturalezza – deve fare di Roma “il vero biglietto da visita che può esibire il prossimo candidato del Pd al Campidoglio”. Un prefetto che tira la volata a un partito? Tutto normale “Renzi vuole fare in fretta per recuperare quel ‘rapporto con la città’ compromesso da Marino” (Messaggero), per garantire “la rimonta del Pd” (Repubblica) e “riprendersi la Capitale” (Corriere). Nulla è impossibile all’uomo che domò la piena del Tevere. Sempreché non affoghi in quella della bava.