La Gazzetta dello Sport, 4 novembre 2015
Gli sprechi e gli intrallazzi della Lega Pro, che spende 20 milioni per la sua sede quando ha le casse mezze vuote
Seta alle pareti, volte affrescate, lampadari di Murano, una sala riunioni che fa invidia a una multinazionale. Benvenuti a Villa Raddi, Firenze Santa Maria Novella, sede operativa della Lega Pro. Una bellezza che stordisce. Costata, centesimo più centesimo meno, circa 14 milioni di euro. Quando la Calcio Servizi srl, costola immobiliare della Lega Pro, l’ha acquistata – l’atto di compravendita è del 4 ottobre 2006, rogito a cura del notaio Pasquale Marino – ha pagato subito 8 milioni e ha acceso un mutuo di quindici anni con Banca Popolare di Milano per i restanti 6. Dopo alcuni mesi, necessari ai lavori di ristrutturazione, la Lega ci ha insediato i suoi uffici. Non prima di aver stipulato un contratto di affitto con la Calcio Servizi da 600.000 euro annui (Iva compresa, per fortuna). Facciamo due conti: in nove anni, per avere, anzi per affittare il suo Palazzo d’inverno, la Lega Pro ha tirato fuori una ventina di milioni. Più o meno il tesoretto che oggi ha in cassa. Dove trovi tutti questi soldi la «piccola» Lega Pro, è un mistero (o forse basta chiedere a tutte le società che in questi anni non hanno mai ricevuto i contributi). Cosa è accaduto nell’ultimo anno e mezzo all’ex impero del ragionier Mario Macalli, ormai lo sappiamo benissimo. La relazione sul bilancio al 30 giugno 2014 fatta dal commercialista e revisore legale Dino Feliziani – che un istante dopo averla firmata si è polemicamente dimesso da sub-commissario della Lega Pro, ruolo a cui era stato chiamato dal presidente federale Carlo Tavecchio – ci ha offerto un quadro desolante: ricavi in discesa, spese sempre più pazze, consulenze allegre, l’acquisto della faraonica sede al centro di un’intricata (e pericolosa) vertenza fallimentare (con tutto quello che è costata...), l’ipotesi di falso in bilancio per i vecchi amministratori, da Macalli in giù. Materiale che ha convinto il Procuratore federale Stefano Palazzi ad aprire un’indagine e che è già finito alla Procura di Napoli. I pm partenopei, che dalla telefonata Lotito-Iodice indagano sulle pratiche allegre della gestione Macalli, il 23 ottobre scorso hanno interrogato come persona informata dei fatti proprio Feliziani. Il giorno prima, il noto commercialista non aveva potuto partecipare al Consiglio federale in cui il commissario Tommaso Miele ha illustrato la sua relazione. Strano, anche perché il magistrato della Corte dei Conti – che per traghettare la Lega Pro alle nuove elezioni ha chiesto un compenso di centomila euro – a quello stesso Consiglio si è presentato in compagnia di Antonio Guido De Meane, che in qualità di direttore amministrativo della Calcio Servizi e consulente della Lega Pro (per circa 115mila euro l’anno), è uno dei personaggi chiave di quel bilancio oggi all’attenzione delle Procure. A che titolo Tavecchio e Miele lo hanno invitato a partecipare? E perché lo stesso presidente federale, poche ore dopo aver ricevuto la relazione di Feliziani, lo ha depennato dalle nomine della nuova Covisoc, nonostante le promesse estive, comunicate anche per iscritto? Difficile che non abbia apprezzato la relazione, oltre trecento pagine in cui Feliziani non ha tralasciato nulla. Perfino Miele pubblicamente l’ha definita un «ottimo lavoro». Ma allora perché i due mesi e mezzo che ha impiegato a completarla, per Feliziani sono stati un continuo percorso a ostacoli? Richieste di accessi agli atti inevase, ripetuti richiami all’ordine dal commissario Miele, consigli a non spingere troppo sull’acceleratore da persone molto vicine al presidente Tavecchio. E, dulcis in fundo, la sorpresa della Covisoc. Sarebbe grave se Feliziani, dal 1996 al 2013 revisore dei conti della Figc, avesse pagato la perizia del suo lavoro, la volontà di «non nascondere nulla» che Miele ha pubblicamente rivendicato, mentre privatamente cercava di arginarla, insomma il fatto di essere andato fino in fondo ai fattacci di Macalli & Co, e di aver tratto una conclusione disarmante su anni e anni di malagestione della Lega Pro, che di questo passo continueranno a produrre bilanci in perdita: «... difetta di programmazione, direzione e controllo – si legge nelle conclusioni della sua relazione – Si è ripiegata su se stessa diventando autoreferenziale e consumando risorse importanti. Non ha generato più cassa e ora sta consumando le proprie risorse». Consulenze strapagate; lauti compensi legali senza preventivo né contratto; palesi conflitti di interessi (l’avvocato Salvatore Catalano è giudice federale, legale della Lega Pro e ha difeso Macalli nella vicenda Pergocrema); contributi federali riconosciuti solo a una ristretta minoranza delle società (e anche su questo indaga la Procura di Napoli a proposito delle telefonate di Lotito); contributi della Fondazione per la mutualità distribuiti a tutte in parti uguali. In questo contesto la storiaccia, a tratti inquietante a tratti grottesca, della sede fiorentina della Lega Pro è forse la più interessante. Perché c’è dentro di tutto: imperizia, incompetenza, interessi personali. Nove anni dopo averla acquistata, con tutti i soldi che ha tirato fuori, c’è il rischio che debba liberarla. Proprio così, la Lega Pro rischia di dover sloggiare o, quantomeno, di dover versare i 600mila euro di affitto annui non più alla Calcio Servizi, cioè la sua controllata, ma ai creditori della Rosselli Immobiliare, il precedente proprietario nel frattempo fallito. Così ha disposto il giudice fallimentare di Napoli, confermato in Appello. La Calcio Servizi aspetta il verdetto della Cassazione, atteso a breve. Nel frattempo, la relazione di Feliziani ha fatto emergere due circostanze inquietanti. La prima: a questo punto della vicenda giudiziaria si è arrivati anche perché la Calcio Servizi, alla fine del 2013, non ha presentato entro i termini appello a una prima sentenza del Tribunale di Firenze che aveva invalidato l’atto di compravendita. Possibile sia stata una dimenticanza? Chi ha lasciato scadere i termini e perché? La seconda: il decreto del giudice fallimentare di Napoli, che ha disposto l’immediata liberazione dell’immobile, è stato emesso il 3 aprile 2015 (successivamente integrato) e notificato alla Calcio Servizi il 18 giugno. Cinque giorni dopo, il 23, il presidente del Collegio dei revisori Carlo Catenaccio informava del decreto il Consiglio direttivo di Lega Pro. Ma allora perché all’assemblea del 30 Macalli ometteva di informare le società e lo stesso Catenaccio giurava di non saperne nulla? Una circostanza su cui Feliziani già il 22 settembre informava il commissario Miele, invitandolo a chiedere un parere legale che chiarisse se nella condotta di Macalli e Catenaccio fosse ravvisabile il reato di falso in bilancio e, quindi, la richiesta di un risarcimento danni. Che fine ha fatto quella segnalazione? E perché mai, con quel Palazzo d’inverno a disposizione, la Lega Pro deve pure affittare (per 18mila euro annui, messi a bilancio come «riunioni diverse») qualche stanza a Roma dalla Sport Invest 2000, il braccio immobiliare del Fondo fine carriera di calciatori e allenatori, da cui Macalli e De Meane prendevano pure uno stipendiuccio? A questa e altre domande proveranno a rispondere le Procure. Nel frattempo, il bilancio dovrebbe essere approvato e le elezioni, forse, convocate davvero per il 22 dicembre. È già cominciata una sanguinosa campagna elettorale, in cui si fa fatica a distinguere i buoni dai cattivi. La posta in palio, del resto, è altissima. La piccola Lega Pro, come abbiamo visto, non è poi così piccola. Tanti soldi e una bella fetta di voti per il prossimo presidente federale. Capito cosa ci si gioca?