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 2015  novembre 04 Mercoledì calendario

Turchia. Erdogan ha ricominciato ad arrestare giornalisti, nell’indifferenza generale

Il quarto governo targato Akp e il presidente della Repubblica turca, Recep Tayyip Erdogan, non hanno perso tempo, facendo capire a tutti, giornalisti, oppositori e terroristi separatisti, che la musica non cambia e che, forti dell’ampio mandato popolare conquistato domenica scorsa ai seggi elettorali, sono pronti a intervenire con forza contro tutti coloro che si metteranno sulla loro strada. Questo, in un Paese con un clima ovattato e che sembra sostanzialmente reagire con indifferenza agli eventi, e dove quasi la metà dei votanti ha scelto di nuovo il Partito islamico-moderato per la Giustizia e lo Sviluppo (Akp) e soprattutto il suo fondatore, il presidente Erdogan, perché garanzia di crescita economica, sicurezza sul territorio e stabilità interna.
Gli arresti all’alba
La Turchia ieri mattina si è svegliata con la notizia che Cevheri Guven e Murat Capan, rispettivamente direttore e caporedattore del settimanale di inchieste Nokta, erano stati arrestati con le accuse di istigazione a delinquere ed eversione. La testata tre settimane fa aveva visto il suo sito bloccato dalla magistratura per aver pubblicato alcuni articoli che parlavano di forti contrasti all’interno dell’Akp e di una dirigenza sempre più insofferente al capo dello Stato. Ieri la versione cartacea è stata sequestrata dalle autorità per la sua copertina, che ritraeva Erdogan con sotto il titolo: «2 novembre, inizio della guerra civile in Turchia».
Obiettivo Gulen
Brutte notizie anche per il gruppo editoriale Koza Ipek, proprietario di due televisioni e due quotidiani e legato al filosofo islamico Fetillah Gulen, un tempo alleato di Erdogan e adesso inserito nella lista dei terroristi, che avrebbe perfino creato un’organizzazione segreta, uno Stato parallelo, pur di detronizzare il presidente della Repubblica. Il gruppo la settimana scorsa è stato prima commissariato e poi occupato dalla polizia. Ieri si è scoperto che la nuova dirigenza, che presenta uomini vicini all’Akp, ha licenziato 58 giornalisti. Alcuni di questi avevano già smesso di lavorare prima del voto di domenica. Sempre nel campo dei gulenisti, a Smirne e in altre 17 province sono finiti in manette in 35: fra di loro ci sarebbero alti burocrati e poliziotti.
Raid nel Sud-Est
Pugno duro anche con i curdi, sia che si tratti del partito politico Hdp, il Partito dei popoli democratici, rivelazione e delusione delle ultime elezioni, che del Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, organizzazione separatista e terrorista. Il vicepremier Yalcin Akdogan ha fatto sapere che i negoziati per la pace sono interrotti, nonostante Selahattin Demirtas, leader dell’Hdp, abbia chiesto la creazione di una commissione parlamentare ad hoc. Ieri l’aviazione della Mezzaluna ha bombardato obiettivi del Pkk nel Sud-Est turco e nel Nord dell’Iraq, mentre a Mardin, località a maggioranza curda, 11 persone sono finite in manette con l’accusa di collaborazione con organizzazione terroristica. Fra questi c’è anche un dirigente locale dell’Hdp.