La Stampa, 4 novembre 2015
Non aumentano solo le vendite dei libri di carta. Ha una quota di mercato non indifferente anche il disco di vinile
No, non è solo nostalgia. «Vuoi mettere tenere la carta fra le mani» oppure «che bello il fruscio della puntina sul vinile»: i luoghi comuni saranno banali, ma spesso sono anche veri. Nessuno propone di tornare a telefonare dalle cabine o a prenotare un volo nell’agenzia di viaggi. Però i dati sono lì, a disposizione di chi vuole guardarseli e magari perfino meditarci sopra.
Nel caso non frequentissimo in cui leggano, gli italiani continuano a preferire quegli antiquati parallelepipedi di carta che si chiamano «libri». Il libro elettronico, che avrebbe dovuto risollevare le sorti poco magnifiche e ancor meno progressive di un’editoria asfittica come la nostra, rappresenta a stento il 3% del mercato. Certo, all’estero l’ebook va meglio; però anche lì i libri restano in maggioranza com’erano: di carta.
Il sondaggio Nielsen
Fino al paradosso, certificato dal sondaggio Nielsen presentato all’ultima edizione di Editech, l’appuntamento sull’innovazione tecnologica nel settore organizzato dall’Associazione italiana editori: il 97% degli italiani che compra libri online li compra cartacei. Quindi è cambiato non «cosa» si compra, ma semmai «dove». Hollywood l’aveva fatto vedere già nel ’98, con C’è posta per te: lei, Meg Ryan, era la romantica coraggiosa libraia che a New York s’intestardiva a tenere aperto «il negozio dietro l’angolo», ovviamente specializzato in volumi per bambini; lui, Tom Hanks, lo squalo della grande distribuzione che apriva l’ennesimo megastore proprio accanto al negozietto decretandone la chiusura (poco male, almeno per lei, perché poi naturalmente i miliardario e la libraia s’innamoravano, e tanti saluti ai libri per bambini).
Oggi, semmai, è arrivata l’ora della resa dei conti anche per le grandi catene, soppiantate dall’e-commerce. Però sempre di carta si tratta. Ed è fresca la notizia che Amazon apre, a Seattle, la sua prima libreria «fisica», insomma uno di quei posti dove entri e chiedi al commesso se ha, mettiamo, il Viaggio in Italia di Goethe, sperando che non ti risponda di guardare nella sezione guide turistiche (a me è successo davvero).
Nostalgia? Abitudine? Pigrizia? Forse si tratta semplicemente di constatare che il mondo cambia, ma non sempre alla velocità che crediamo. Prendete la musica. Ci è stato detto e ripetuto che streaming e download sarebbero stati i sicari del cd, esattamente come il cd aveva ammazzato l’ellepì, il 33 giri quello a 78 e via risalendo fino ai cilindri di cera. Beh, non è vero. La gente scarica, certo: in Usa, nei primi sei mesi di quest’anno i ricavi dello streaming hanno superato il miliardo di dollari, con un incremento del 23% rispetto al 2014. Ma i supporti tradizionali (r)esistono ancora, perfino con un insospettato ritorno del vinile.
Non solo nostalgia
Vedere per credere i dati italiani, molto buoni, relativi ai primi nove mesi di quest’anno: il disco digitale aumenta del 27%, ma quello «fisico» del 23. E il vinile, sì, insomma, i cari vecchi ellepì, addirittura del 74%, per rappresentare oggi il 4% di tutto il mercato. La Apple ha tolto dal mercato l’iPod «classico», cannibalizzato dallo smartphone, dopo un ciclo vitale di appena tredici anni. Ma il cd regge da più di venti e l’ellepì torna a quasi settanta dal debutto.
Poi capita che all’ultima Mostra di Venezia il giovane e rampante regista Brady Corbet annunci, fra gli applausi della platea, di aver girato il suo The Childhood of a Leader (un mattone, per inciso) sulla vecchia cara pellicola, perché certi effetti, certi colori, certe atmosfere sono possibili solo su quella. Esattamente come leggere su carta è diverso (non necessariamente meglio: diverso) che farlo su uno schermo. E che quindi non è detto che sia destinato a fare la fine del fax, della cartina stradale, dei francobolli, del gettone telefonico o della radiosveglia anche ciò che state tenendo in mano: un giornale di carta.