la Repubblica, 4 novembre 2015
Sulla manifestazione della Lega di domenica prossima a Bologna Berlusconi non sa che pesci prendere. La verità è che né lui né Salvini hanno ormai molto da dire
L’ex Cavaliere oscilla di continuo tra Lega e moderati. Così il ruolo di vera opposizione passa ai 5Stelle
CHI fosse interessato al futuro prossimo del centrodestra, può ricavare qualche elemento utile dalle contorsioni di Silvio Berlusconi in vista della manifestazione organizzata per domenica dalla Lega a Bologna. L’ex uomo forte della politica italiana non sa che pesci prendere: andare, non andare, mandare un messaggio video, telefonare? I dubbi nascono dal timore di assecondare il protagonismo di Salvini e l’ambizione non del tutto convincente di costruire mattone dopo mattone una “leadership” sullo schieramento che fu berlusconiano.
Ma ci sono anche altre ragioni. La principale è che il fondatore di Forza Italia ormai ha ben poco da dire. Non è più riconosciuto come il capo del centrodestra, se non da una cerchia ristretta, e a Bologna sarebbe uno fra i tanti, o quasi. In fondo a Berlusconi, in questa fase, interessa solo navigare senza finire sugli scogli. I suoi interessi sono altri, a cominciare dai destini del Milan. Del resto, non è sempre facile rendere coerente ciò che non lo è.
Ad esempio, tentare di riconciliarsi con Angela Merkel, in nome della comune adesione ai Popolari europei, e due settimane dopo ritrovarsi a braccetto con Salvini. Il quale a sua volta non ha molti argomenti, al di là della manifestazione di Bologna, per imporsi come guida di uno schieramento gravemente frammentato.
La Lega nei sondaggi è ferma intorno al 14 per cento: troppo poco per imporre le proprie regole a tutto il mondo berlusconiano. Se a questo si aggiunge la melmosa diatriba sui rimborsi elettorali, inquietante ritorno a un passato che non passa mai del tutto e fa riemergere il volto di Bossi, si comprende che anche Salvini ha parecchie questioni da risolvere prima di affrontare i nodi della “leadership”. Ne deriva che la manifestazione di domenica prossima rischia di essere nella sostanza inutile. Riproporrà una serie di slogan contro il governo, quando invece dovrebbe indicare le proposte concrete di un centrodestra oggi troppo diviso per essere credibile. Del resto, tutti i sondaggi dimostrano che il ruolo di principale forza di opposizione lo ha assunto ormai il movimento Cinque Stelle. Se è vero che il Pd di Renzi e il partito di Grillo sono dati su un piede di parità in vista di un ipotetico ballottaggio nazionale, o addirittura con un piccolo vantaggio per il M5S, è chiaro che l’asse Berlusconi- Salvini, ammesso che esista, non serve ad andare lontano.
Tuttavia anche le elezioni sono lontane: alla scadenza del 2018 oppure un anno prima, nel 2017. C’è tempo per risalire la china, a patto di avere idee e capacità di parlare al paese. Al momento sembrano mancare sia le prime sia la seconda. È vero peraltro che il futuro del centrodestra non si decide nelle piazze di Bologna e tantomeno nei litigi di palazzo. Cruciale saranno le amministrative di primavera. Milano, Roma, ma anche Napoli e Torino si presentano come l’ovvio terreno per ridefinire i rapporti di forza reali fra leghisti e quel che resta dell’arcipelago Berlusconi. In fondo lo stesso Salvini, a suo modo, sembra voler moderare i toni, sia pure a giorni alterni, per non bruciare i ponti con una certa opinione pubblica stanca delle felpe e delle invettive. L’obiettivo è avere voce in capitolo nella scelta del candidato sindaco a Milano. Ma in tutto il nord la Lega per contare ha bisogno dei voti di Berlusconi, mentre quest’ultimo, almeno a Roma e Napoli, può sperare di giocare una partita propria.
IN realtà le cose anche al centro-sud sono complicate. Lo dimostra ad esempio lo strano zig-zag berlusconiano nella capitale sul nome di Alfio Marchini. Prima una singolare dichiarazione di sostegno, sbagliata nei tempi e nei modi; poi una rapida marcia indietro quando Giorgia Meloni si è irritata. Anche qui una sensazione di grave irresolutezza, nonostante che il Berlusconi di oggi stia di nuovo virando verso il centro, come conferma lo stesso omaggio reso alla Merkel. E al centro a Roma c’è Marchini. Quello che manca, da parte dell’anziano leader, è qualcosa che assomigli a un progetto politico. Con o senza Salvini.