Il Sole 24 Ore, 3 novembre 2015
Il trasporto su traghetto ha costi ambientali inferiori rispetto al treno: secondo una ricerca, il trasporto su ferrovia costa tra il 7% e il 57% in più. La modalità peggiore rimane comunque l’autotrasporto
Il trasporto su traghetti merci o misti (con passeggeri) risulta avere costi socio-ambientali inferiori non solo rispetto all’autotrasporto ma anche alla ferrovia. Il dato emerge da uno studio di D’Appolonia (società del gruppo Rina), voluto dalla Commissione navigazione a corto raggio di Confitarma.
La ricerca riporta a un valore monetario in euro i costi diretti e indiretti delle tre modalità di trasporto. Le voci considerate sono incidentalità, tempi di percorrenza, emissioni, costi diretti del trasporto, rumore, congestione. Nel complesso, spiega Flavio Marangon di D’Appolonia, «il maggior costo derivante dall’utilizzo della strada rispetto alla modalità marittima è risultato essere compreso tra circa il 70% e il 220%. Mentre la ferrovia ha costi maggiori della nave con valori compresi tra circa l’7% e il 57%. La modalità marittima risulta pertanto la soluzione di trasporto migliore in termini di benefici sociali per la collettività». Nel particolare, lo studio ha verificato che su una rotta lunga nel Tirreno, il costo del trasporto via nave è del 40% inferiore alla ferrovia; su una rotta breve il costo via mare è il 25% inferiore alla ferrovia; su una rotta extra nazionale il costo del trasporto via ferro è circa il 55% più caro del trasporto via mare. Su tutte le rotte, peraltro, il trasporto su gomma ha un costo notevolmente superiore a quello ferroviario.
Intanto, sempre sotto il profilo ambientale, sembra tramontare per il settore traghetti l’idea di realizzare navi alimentate a gas naturale liquefatto (Lng). Gli armatori del comparto, dopo un primo periodo di apertura alla nuova tecnologia, su cui spinge l’Europa e che piace ad alcune compagnie di crociere (Costa in primis), tirano il freno. A rompere gli indugi è Manuel Grimaldi, presidente di Confitarma e alla guida del gruppo omonimo: «I serbatoi di gas occupano, nelle navi, spazi doppi rispetto a quelli per il gasolio e li sottraggono al carico. Il metano diventa conveniente solo se è disponibile e costa poco. Invece ha un prezzo volatile, che cambia a seconda di dove si compra e non è legato al petrolio. E poi non ci sono le infratrutture per rifornire le navi. Inoltre oggi si sta già producendo fuel a bassissimo contenuto di zolfo: 0,1%».
Sulla stessa linea Roberto Martinoli, ad di Gnv, che aggiunge: «Se fai un servizio ro-ro o ro-pax non puoi interrompere le operazioni commerciali mentre fai rifornimento. Ma per il gas non ci sono regole in merito». Anche per Vincenzo Onorato, patron di Moby (e Tirrenia), «il problema principale è il rifornimento delle navi. L’Italia non è il Nord Europa e non ci sono le infrastrutture per il gas. Forse il metano è il futuro ma certamente non immediato». Infine Giuseppe Parenti, direttore tecnico di Corsica Ferries, conferma: «trasformare un motore diesel in un propulsore a gas costa circa un milione di euro. Quindi esiste il problema del costo del refitting, quello dell’approvvigionamento nonché la perdita di spazio di carico».