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 2015  novembre 03 Martedì calendario

Dopo 21 anni Raul si ritira. «Ho avuto una carriera molto più lunga, vincendo tanti più titoli di quanto potessi sognare da piccolo»

«Ho avuto una carriera molto più lunga, vincendo tanti più titoli di quanto potessi sognare da piccolo». Raul Gonzalez Blanco, 38 anni e 4 mesi, si congeda dal calcio giocato, dall’America e da New York, dove sabato con i Cosmos affronta le semifinali Nasl, la seconda lega Usa, dove vorrebbe chiudere con un ennesimo trionfo. Il 21° in 21 stagioni dal debutto col suo Real Madrid, per i cui tifosi resta uno degli idoli del Pantheon merengue, con Di Stefano, Puskas e ora Ronaldo. «Angel de barrios bajos», lo definì il suo mentore, l’argentino Valdano, ex stella e poi tecnico delle merengues, che lo aveva fatto debuttare a Saragozza il 29 ottobre ’94, a 17 anni e 4 mesi.
La cantera dell’Atletico
Sì, Raul, «angelo dei quartieri popolari», perché da lì arrivava: colonia Marconi di San Cristóbal de los Angeles, sorta negli anni 50, zona operaia a sud (circa 17 km) della capitale. Lì el Flaquito (il magro) aveva iniziato a sgambettare su prati spelacchiati e al collegio Navas de Tolosa. Lì, verso i 10 anni, era entrato nel suo primo club, il San Cristóbal de los Angeles, falsificando un documento («il mio primo nome da calciatore fu Dani») per poter giocare. Lì lo scoprì il tecnico delle giovanili dell’Atletico, Francisco de Paula, che osservando quell’allora interno sinistro di centrocampo con propensione al gol non perse tempo. Corse dal suo presidente Gil y Gil, che in Rolls Royce un pomeriggio sbarcò a San Cristóbal: «Il ragazzo è musica celeste». Non ci mise molto a mettersi d’accordo con Pedro, papà di Raul ed elettricista di un’azienda in crisi. Pedro è sempre stato colchonero. E anche Raul lo era allora. Nato sotto una buona stella, nel giugno 1977, con l’Atletico campione di Liga e il Real 9° e fuori dall’Europa, per la prima volta nella storia. Così fra il 1990 e il ’92 il flaquito si fa strada in una squadra fenomenale e realizza 65 reti in una stagione. È quasi pronto per spiccare il salto e finire nell’Atletico B. Al Calderon papà gli mostra un portoghese talentuoso, Futre, e Juan Carlos Aguilera, terzino di San Cristobal.
Una stagione di corsa: 1993-94
Ma l’ineffabile presidente Gil, per risparmiare sui costi, decide di chiudere la cantera biancorossa. Scelta che cambierà la storia di Raul e della Liga. I dirigenti del Real, infatti, venuti a sapere della follia di Gil, contattano papà Pedro e gli propongono di tesserare il figlio. A malincuore, ma per il bene del ragazzo, don Pedro accetta: è il luglio ’92. Raul ci mette poco a esplodere in blanco: 71 gol alla prima stagione da cadete. Quella dopo scala i gradini tutti in un anno: Giovanile B, Giovanile A, Under 19 e Real Madrid C, dove in terza serie realizza a 17 anni 15 gol in 9 gare. Valdano lo prova in amichevole coi grandi. E Raul segna: prima all’Oviedo e poi al Karlsruhe. È pronto per il debutto: il 29 ottobre ’94.
Valdano su tutti
Ci ha raccontato una volta Valdano: «In bus verso Saragozza non ero così tanto tranquillo della scelta fatta, cioè schierarlo titolare come annunciato. Così mi alzai e mi diressi verso uno dei sedili in fondo dove c’era Raul per parlargli. Ma el flaco dormiva profondamente, sereno. Allora mi dissi: “Se non si preoccupa lui perché dovrei farlo io…”». L’ex compagno di Maradona prima di entrare in campo gli dice: «Ragazzo, prova a giocare come fai di solito in allenamento. E divertiti». Anni dopo Raul ci ha raccontato: «Devo ringraziare tutti i miei allenatori, ma a Valdano devo qualcosa di più. Allora in Spagna non si era abituati a vedere in campo un ragazzino di 17 anni. Ora, grazie anche al mio esempio, i giovani di qualità esordiscono più in fretta». Il match dopo, debutto al Bernabeu, Raul infilza il «suo» Atletico. «Lo ricordo come il gol più bello della mia vita, è quello che ho sempre sognato».
Baggio e il Buitre, che modelli
Raul in 16 stagioni ha fatto a tempo a diventare il madridista con più presenze nel club, quello con più gol (superato di recente da Ronaldo), il bomber n.1 in Champions e in Europa (poi sorpassato da CR7 e Messi) e il n.1 con la Spagna (anche qui battuto poi da Villa). Ha vinto 16 trofei e ha avuto 15 tecnici. Oltre a Valdano ha ringraziato «Capello, mi è servito tanto d’insegnamento, per la sua professionalità, nel come comportarsi, e per il modo di lavorare, molto meticoloso, per la sua capacità di saper preparare le partite». E Del Bosque: «L’ho conosciuto che avevo 15 anni, lui era il coordinatore delle giovanili. Mi incuteva timore. Me lo ritrovai 7 anni dopo. Un uomo stupendo. Ha vinto tanto e ha fatto sempre un gran lavoro». Già, con don Vicente il Real è tornato ai fasti dell’epoca di Di Stefano-Gento-Puskas (che una volta gli disse «ragazzo, tu corri troppo») e ha fatto meglio della Quinta del Buitre, la generazione di Butragueño, al posto del quale Raul debuttò. Il suo Raul Madrid, come lo chiamarono allora i media, riportò la coppa più amata a Madrid dopo 32 anni (con Heynckes in panchina), aggiungendone poi altre due (con Del Bosque). Del Buitre Raul ha detto, rispecchiandosi in lui, «è educato, semplice e normale». Come uno dei suoi idoli d’infanzia, quel Roberto Baggio mai sopra le righe.
Rimpianti e Ferrari
Gli è rimasto un rimpianto: vincere con la nazionale. Raul ne è fatto fuori da Aragonés, proprio quando la Furia, diventata la Roja, nel 2008 inizia a vincere. Che beffa! La stessa amarezza che prova quando nell’estate 2010 il presidente Perez e Mourinho gli fanno capire che al Bernabeu non c’è più spazio per lui. Raul fa le valigie e va a vincere a Gelsenkirchen, e poi a Doha. «Vado via felice», ha detto nei giorni scorsi. «Ho lasciato tanti amici in 4 Paesi». La Ferrari bianca, lo definì il suo capitano Hierro: «Magari non è da 10 in ogni colpo, ma Raul è almeno da 9 in tutto». Come scrisse Valdano: «Sólo descansa cuando ve cumplido su objetivo». Riposa solo quando vede realizzato il suo obiettivo. Ancora uno, Raul, la Nasl. E poi adios.