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 2015  novembre 03 Martedì calendario

Giuseppe Sala a Milano, Alfio Marchini a Roma: il paradosso dei partiti privi di candidati di partito

Quando a un partito mancano i candidati manca tutto. Giuseppe Sala a Milano o Alfio Marchini a Roma sono l’emblema di questo vuoto ma sono anche il primo segnale di un paradosso. Perché senza nomi di partito in campo le prossime sfide nelle città potrebbero giocarsi su un consenso trasversale destra-sinistra senza veri duelli bipolari.
A Milano il Pd potrebbe puntare sul manager dell’Expo Giuseppe Sala, una candidatura civica, senza appartenenze politiche, che taglierebbe fuori i candidati di partito per andare incontro alla città più che alla tifoseria Democrat. Un nome che, anzi, va oltre tutte le tifoserie di parte e ha l’appeal per attirare i voti anche del centro-destra. A Roma comincia la nuova avventura con il commissario Tronca e il prefetto Gabrielli, una fase in cui il partito di Renzi sta più di cento passi indietro. Ieri il premier diceva che prima di tutto va ricostruito il Pd romano dilaniato da mille correnti – «divisi più delle contrade del Palio di Siena» – e solo dopo arriverà la candidatura. In realtà ci sono pochissime probabilità che un nome arrivi proprio dal serbatoio di un partito su cui oggi è perfino il segretario a dichiararne il fallimento. E in questo vuoto a sinistra e destra, avanza la candidatura di Alfio Marchini, senza casacche e senza padrini, preoccupato – anzi – degli abbracci mortali del Cavaliere.
Ma la novità di questa fase non è solo che le candidature nascano fuori dal perimetro dai partiti principali visto che era già accaduto con la precedente tornata amministrativa dove nessun candidato del Pd si era imposto nella grandi città. Non a Milano, non a Genova, non a Napoli. Solo a Roma il candidato di partito, vincitore delle primarie, è riuscito a diventare sindaco ma si è visto come è andata a finire. Il fatto inedito di questa fase è – invece – che i nomi che stanno emergendo sono talmente fuori dalla logica delle appartenenze politiche che sono potenzialmente in grado di destrutturare uno scontro che è sempre stato bipolare. Luigi De Magistris o Giuliano Pisapia erano ancora dentro una logica destra-sinistra ancorché fuori dal Pd ma la candidatura di Giuseppe Sala a Milano o di Alfio Marchini si muove invece lungo un consenso che può essere trasversale. Insomma, l’asse non diventa più quello tradizionale di forze contrapposte ideologicamente ma trova ispirazione in un “civismo” in cui si può riconoscere qualsiasi elettore.
Un’operazione che se riuscirà potrebbe disturbare anche Grillo. Il Movimento 5 Stelle ha solo da guadagnare se i duelli restano dentro i confini di partiti screditati e senza fiducia ma se avanzano nomi che niente hanno a che fare con le logiche interne, allora anche la strategia grillina diventa più debole. Soprattutto potrebbe costringere anche loro a uscire dalla logica delle candidature interne per cercare all’esterno, un po’ come è accaduto con Freccero alla Rai.
Per i partiti tradizionali è una scelta di necessità. Ma ne mette in chiaro anche l’aspetto più buio, quello di muoversi come “parassiti” nella società perché ogni volta che la politica fallisce non ha in sé le qualità, l’esperienza, le figure per occuparsi della ricostruzione ma può chiederle solo all’esterno. E questo è tanto più paradossale per il Pd dove Renzi è premier oltre che segretario. Perché se al Governo riesce a esercitare una sua forza, nel partito questa forza o non la mette o non si vede. A Roma il partito è commissariato, a Milano non sembra ci siano candidati Pd all’altezza, presto scoppierà anche il caos a Napoli: e Renzi cosa fa? Piano piano commissaria tutti i partiti locali? Finendo così per commissariare anche se stesso come leader del Pd.