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 2015  novembre 01 Domenica calendario

Nel nordest dello Utah stanno disseppellendo uno pterosauro, un predatore di 210 milioni di anni fa

«Sei un dinosauro» non è più un’offesa. Grazie anche a un robusto marketing a base di gadget plastificati e dell’ennesimo sequel di Jurassic Park, in cui un discreto numero di Homo sapiens vengono ogni volta divorati all’interno di un parco tematico che chiaramente non potrà mai essere sotto controllo, i nostri bambini oggi conoscono meglio di noi i nomi impronunciabili di decine di specie di dinosauri. I dino-maniaci sanno benissimo che questi rettili del Giurassico non erano bestioni verdognoli e squamosi, lenti e dall’aria intontita, destinati a essere soppiantati dai lesti e intelligenti mammiferi con pelliccia e sangue caldo. Questa narrazione di progresso inevitabile ci darebbe grande consolazione, ma la storia non è andata così. 
I dinosauri avevano dimensioni diversissime, alcuni grossi e pesanti come un Boeing 747, altri non più grandi di un tacchino. Hanno dominato la Terra per più di 150 milioni di anni, mentre la nostra specie di primati bipedi è in circolazione soltanto da 200 mila anni. Erano carnivori ed erbivori, predatori e prede, quadrupedi e bipedi, insomma si erano irradiati in ogni angolo del globo andando a occupare quasi tutte le nicchie ecologiche terrestri. Sorvegliavano i nidi, accudivano i loro piccoli, cacciavano in gruppo. Avevano armature e ornamenti. Ne sono stati scoperti di bellissimi, con penne e piume colorate che non servivano per volare, ma per mantenere la temperatura corporea o per il corteggiamento. Il pianeta sembrava proprio nelle loro mani, ma l’evoluzione è un gioco imprevedibile e i dominatori del momento non devono mai rilassarsi. 
Se li è portati via intorno a 65 milioni di anni fa una congiura di accidenti ambientali sfavorevoli, e non soltanto il famoso meteorite gigante caduto nel Golfo del Messico: cambiamenti climatici, eruzioni vulcaniche e forse una serie di impatti di asteroidi. In sintesi, una gran sfortuna, o più precisamente quella che gli esperti chiamano una «tempesta perfetta» globale, cioè il simultaneo verificarsi di almeno tre sconvolgimenti ambientali su larga scala: clima che cambia più rapidamente del solito; alterazioni nella composizione dell’atmosfera; uno stress ecologico che si somma ai due fattori precedenti. Il risultato è un crollo di metà o anche due terzi della biodiversità complessiva. Fra parentesi, è quello che sta succedendo anche adesso alla Terra e sarebbe bene che noi umani evitassimo di figurare nella lista delle prossime specie estinte (nel nostro caso, auto-estinte). 
La lunga notte alla fine del Cretaceo colpì non soltanto i dinosauri, ma moltissime altre specie. Fu una crisi globale. Tuttavia, a ulteriore riprova della loro resistenza, un piccolo manipolo di dinosauri teropodi (parenti stretti del celebre Tyrannosaurus e dello splendido Spinosaurus, predatore di 15 metri che fino al 10 gennaio 2016 può essere ammirato nella mostra a lui dedicata a Palazzo Dugnani a Milano) riuscì a vedere l’alba dopo la catastrofe e diede origine alla discendenza degli uccelli. Quindi da un certo punto di vista i dinosauri sono ancora tra noi e ci volano attorno. Ma sono ancora tra noi anche per un’altra ragione: dai giacimenti sparsi nei deserti di tutto il mondo (dall’Argentina alla Cina, dal Nord America al Marocco) continuano a riemergere le loro spoglie fossilizzate, ricche di informazioni e di sorprese. 
È di qualche giorno fa l’annuncio del ritrovamento di almeno otto nuove specie in una miniera di fossili scoperta al confine tra Utah e Colorado nel 2009, risalenti a 210 milioni di anni fa, cioè alla prima fase dell’evoluzione dei dinosauri, piuttosto sconosciuta finora, quando ancora non erano i dominatori della Terra. Quella che ora è una distesa desertica, vicino al Dinosaur National Monument, nel Triassico era la sponda di un lago, un’oasi circondata da alte dune di sabbia. Chi avesse alzato gli occhi al cielo a quel tempo avrebbe potuto scorgere (per qualche attimo prima di essere inghiottito) un mostro terrificante: lo pterosauro, il più grande rettile volante del periodo. Nel nordest dello Utah lo stanno disseppellendo e lo descriveranno presto sulle riviste scientifiche: le ossa della testa e delle ali sono incredibilmente intatte. All’inizio di quest’anno uno studente aiutante di campo lo ha liberato dal blocco di sabbia pietrificata in cui era imprigionato. Si tratta di un predatore aereo formidabile, con un cranio robusto, piccoli occhi guizzanti, apertura alare di quasi un metro e mezzo, una mandibola fortissima dotata di zanne, e file di denti aguzzi che potevano triturare un coccodrillo. I suoi antenati erano più piccoli, mentre i suoi discendenti del Cretaceo diventeranno in alcuni casi veri giganti volanti. 
I due paleontologi che hanno fatto la scoperta della loro vita sono Dan Chure del Dinosaur National Monument e George Engelmann dell’Università del Nebraska: è come per un bambino entrare in un enorme negozio di caramelle mai viste prima, hanno commentato. I due hanno estratto finora 11.500 ossa e si stima che ne restino altrettante da scavare. Lo pterosauro triassico non ha ancora un nome e si aggiunge alle 150 specie già note di pterosauri, che non erano dinosauri in senso stretto, ma imparentati con i dinosauri entro il gruppo più ampio degli arcosauri. Nello stesso sito hanno trovato un bizzarro drepanosauro con testa come quella di un uccello e un artiglio sulla punta della coda, alcuni animali simili a coccodrilli, ma con le zampe lunghe, e due tipi di piccoli ma tremendi dinosauri carnivori bipedi (quelli che in Jurassic Park spuntano dal sottobosco, circondano le vittime e se le mangiano in gruppo), tutti risalenti a questa epoca iniziale dei dinosauri ancora poco nota. 
Un’altra lacuna della documentazione fossile viene quindi colmata attraverso la fotografia di una fauna che popolava il Nord America prima di 200 milioni di anni fa. Di lì a non molto (su scala paleontologica) un’estinzione di massa decimerà i rettili più antichi che erano stati i maggiori competitori dei dinosauri e consegnerà a questi ultimi il predominio sulle terre emerse. Quindi anche dinosauri e pterosauri, come sarà in seguito per noi mammiferi, devono la loro fortuna a una catastrofe che aveva colpito i dominatori precedenti. Nelle alterne sorti dell’evoluzione, tutti gli imperi prima o poi tramontano.