Il Sole 24 Ore, 1 novembre 2015
Ma che cosa sono queste maledette terre rare? E perché sono così importanti per i nostri smartphone e pc? Il Sole 24 Ore ce lo spiega come se fossimo dei bambini
Cosa sono le terre rare? Voltaire disse un giorno che il Sacro Romano Impero non era né Sacro né Romano né Impero: niente di vero, insomma, zero su tre. Per le terre rare, invece, la cosa è vera a metà: sono rare ma non sono terre. E per la verità, anche il fatto che siano rare potrebbe essere messo in questione. Sono relativamente comuni nella crosta terrestre, ma di solito presenti in concentrazioni così basse da rendere non conveniente l’estrazione.
Ciò detto, cosa sono? Sono dei metalli, e appaiono nella tavola periodica degli elementi che avete studiato in chimica (vedi articolo a fianco). Ma quello che ci interessa è trarre qualche lezione di economia dalle vicende – di prezzi e quantità – delle terre rare.
Nel 2010 la Cina pose delle restrizioni all’esportazione di questi minerali. Bisogna sapere che la Cina ne aveva un “quasi-monopolio”: produceva il 95% del totale mondiale. E le terre rare sono impiegate in molti settori dell’alta tecnologia, dall’elettronica ai magneti ai superconduttori... In Giappone l’elettronica è un settore molto importante, e in quel periodo vi era tensione fra Cina e Giappone, a causa di dispute territoriali su alcune isolette nel Mar della Cina. Quando Pechino introdusse quelle restrizioni, la mossa fu interpretata come una minaccia al Giappone, e il fatto che la Cina potesse usare l’arma delle restrizioni sull’export di una materia prima per mettere “sotto schiaffo” altri Paesi preoccupava un po’ tutti. Ma cosa si poteva fare? L’economista direbbe: si poteva fare molto.
Si poteva agire sia sulla domanda che sull’offerta. Dal grafico potete vedere come quelle restrizioni ebbero l’effetto immediato di far alzare i prezzi delle terre rare. Se quelle terre, oltre a essere rare, vengono messe a disposizione dei compratori col contagocce, questi non badano a spese pur di accaparrarsele. I prezzi, nei 12 mesi seguenti alle misure cinesi, saettarono verso l’alto, fino a 40 volte il livello di inzio 2010.
Il prezzo è un costo per chi compra e un reddito per chi vende. Se questo costo aumenta di molto, cosa può fare chi compra? Direte: può evitare di comprare. Ma bisogna aver prima accumulato delle scorte di quella materia prima. Tuttavia, anche le scorte prima o poi finiranno, e il compratore rischia di dover cessare la produzione di quegli articoli che necessitano di terre rare. Vi sono soluzioni meno transitorie? La risposta è: sì, nella maggior parte dei casi ci sono.
Bisogna trovare dei sostituti alle terre rare, o usarne di meno. La necessità, si sa, aguzza l’ingegno, e quando ci si trova di fronte ad alternative drammatiche – come il cessare la produzione – si fa di tutto per rimediare. Per esempio, la Siemens trovò il modo di alterare i magneti delle sue turbine a vento così da usare meno disprosio (una delle 17 terre rare). Le batterie che usano motori “ibridi” hanno bisogno di terre rare, e anche qui la Honda, la Ford e altre case si ingegnarono per ridurne l’uso.
Il sistema economico ha nei prezzi una funzione segnaletica – ci rivelano la scarsità di un bene – e questi segnali conducono a un riequilibrio della domanda e dell’offerta. Se il prezzo di qualcosa sale, se ne consuma di meno, e questa riduzione della domanda tende a ridurre il prezzo. E per l’offerta? Anche questa partecipa al riequilibrio. Il prezzo alto è un reddito alto per chi lo riceve, e allora ci si ingegna per trovare altre fonti di questa materia prima. Miniere clandestine in Cina trovarono il modo di contrabbandare il materiale all’estero. Ma è soprattutto nel resto del mondo che l’esplosione dei prezzi ebbe effetto. Miniere abbandonate tornarono in vita: l’estrazione diventava conveniente, e l’esplorazione ricevette nuovo slancio. I prezzi alti non durarono quindi a lungo: crollarono già a fine 2011 e continuarono a scendere poi.
Il riequilibrio dal lato dell’offerta è il più importante, perché porta a quello che gli economisti chiamano lo “hog cycle”: il “ciclo dei maiali”. Supponiamo che per qualche ragione la carne di maiale aumenti molto di prezzo. Allora gli allevatori allevano più maiali. Ma una scrofa di solito mette al mondo non 1 o 2 maialini, ma – in media – 10. E può farlo due o tre volte l’anno. Capite quindi come la decisione di produrre più maiali porta un aumento esagerato del numero di suini, e quando questi arrivano sul mercato quei prezzi, che prima erano saliti, ora crollano. La stessa cosa succede in altri settori dell’economia. I noli delle navi salgono? Gli armatori in giro per il mondo ordinano più navi, ma quando questa accresciuta capacità di trasporto arriva sul mercato, i noli precipitano. Questo succede quando aumenti o diminuzioni di un bene o di un servizio non possono essere finemente calibrati. Per esempio, tornando alle terre rare, se una nuova miniera entra in produzione, non può far aumentare la produzione di 4 chili e mezzo: la farà aumentare di mille o diecimila tonnellate. Non ci sono vie di mezzo se la miniera deve essere profittevole.
Insomma, la Cina ha dovuto imparare la lezione. Le restrizioni all’export hanno indotto gli altri Paesi a essere meno dipendenti dalle terre rare cinesi e le leggi di gravità dell’economia hanno tolto alla Cina quell’arma di pressione.