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 2015  novembre 01 Domenica calendario

In Ucraina si spara ancora. Nel Donbass le esplosioni tornano a scandire i ritmi di vita dei civili

Incessanti e sempre più intensi i colpi dell’artiglieria risuonano da alcuni giorni nel Donbass, dove la tregua sembra resistere solo nelle parole della diplomazia mentre sul terreno il conflitto si è riacceso. A pochi chilometri da Donetsk si spara di tutto, secondo quanto constatato dall’ANSA sul posto: mortai, razzi, artiglieria pesante. Esplosioni che tornano a scandire i ritmi di vita della popolazione civile, ormai rassegnata a un anno e mezzo dall’inizio della guerra in questo remoto angolo dell’Ucraina, conosciuto per le miniere di carbone e per la squadra di calcio, lo Shakhtar (ora trasferitosi a Leopoli).
I camion militari sfrecciano sulle strade per rifornire le caserme di armi, munizioni, viveri. Nel villaggio di Marinka, ma soprattutto a Peski e Opytne, intorno al martoriato aeroporto di Donetsk, la battaglia è costante. Difficile capire chi attacca e chi difende. Esercito ucraino e separatisti sono schierati nelle trincee e lanciano razzi a raffica. L’impressione sul campo è che si vada verso l’ennesima escalation del conflitto, già nelle prossime settimane.
MONITO DI MOGHERINI
L’accordo di Minsk – che prerevedeva il cessate il fuoco – torna a traballare. L’Alto rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, Federica Mogherini, ha sottolineato che si è «lontani dalla piena realizzazione dell’accordo». Tradotto: nell’Ucraina orientale si combatte ancora. Solo negli ultimi giorni – secondo voci non confermate – negli scontri sono morti almeno una decina di soldati ucraini. Dal fronte separatista non filtrano notizie. Si sa solo che nelle ultime ore c’è stato lo scambio della lista degli scomparsi e di qualche decina di prigionieri. Venerdì scorso un deposito di munizioni è saltato in aria a Svatove, nella regione di Lugansk, a circa 100 km dal fronte: sono morti due civili e il ministero della Difesa di Kiev ha aperto un’inchiesta come «atto di terrorismo». Una situazione che potrebbe anche spingere l’Europa verso una conferma delle sanzioni contro la Russia. E proprio il futuro delle sanzioni sarà oggetto di discussione da parte del Consiglio europeo il prossimo dicembre. Mese in cui dovrebbero anche prendere il via le cosultazioni trilaterali- Ucraina-Russia- Ue sull’attuazione degli accordi di associazione tra Bruxelles e Kiev.
CIVILI IMPAURITI
In tutto il Donbass i civili hanno paura a parlare, temendo rappresaglie da parte di ucraini o pro russi. Per quelli che vivono a pochi chilometri dalla “zona bollente”, nella cosiddetta “terra di nessuno”, la situazione è ancora peggiore: «Ormai ci siamo abituati alle esplosioni, fanno parte della nostra vita – racconta Marika, sessantenne che vive con il marito in uno dei tanti villaggi nei dintorni di Donetsk – ma questa casa ce la siamo costruita mattone su mattone e non vogliamo andarcene». Intorno c’è la devastazione, tra edifici sventrati e veicoli bruciati. Non bastassero le continue esplosioni, ci si mettono anche le mine che costringono a pericolosi zig-zag nelle strade e nei giardini delle case. Qui pochi mesi fa si sono combattute aspre battaglie, quasi corpo a corpo, per conquistare pochi metri strategici di territorio. Ora ci lavorano i “Black tulip” volontari che si occupano di recuperare i corpi dei soldati morti. Fanno brevi puntate nella “terra di nessuno”, toccata e fuga, difficile incontrarli.
I PARAMILITARI
Chiusi nelle caserme ucraine, i paramilitari di Pravy Sektor e del battaglione Azov, infarciti di combattenti stranieri provenienti da mezzo mondo, invece affilano le armi: dopo un periodo nelle retrovie sono pronti a tornare al fronte. Tra di loro si trova di tutto, un melting pot che comprende nazionalisti ucraini, estremisti di destra, hooligan, mercenari di ogni tipo. Molti sono qui solo per «fare esperienza», dato che non sono previsti compensi ma solo un kalashnikov, il rancio e una branda.