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 2015  ottobre 31 Sabato calendario

Deutsche Bank, i primi cento giorni di Cryan. Il ragioniere inglese che ha rivoltato il colosso tedesco come un calzino

I primi 100 giorni del «ragioniere inglese» hanno lasciato il segno sotto le due torri di Francoforte. John Cryan, da inizio luglio co-chief executive officer di Deutsche Bank affiancato a Juergen Fitschen (che lascerà a inizio 2016), in tre mesi ha rivoltato il gigante tedesco come un calzino.
Fino alla cura lacrime e sangue annunciata venerdì 30 ottobre: nessun dividendo per due anni, taglio di almeno 9 mila addetti (di cui 4 mila in Germania), oltre a 6 mila collaboratori esterni e ai 20 mila che lavorano in asset che verranno ceduti, a partire da Postbank. E poi: uscita da dieci Paesi ed ennesima pulizia nei conti, spesando svalutazioni che hanno causato una perdita di 6 miliardi nel terzo trimestre.
L’obiettivo di Cryan è non chiedere nuovi soldi agli azionisti, come invece ha fatto di recente Tidjane Thiam, nuovo ceo del Credit Suisse. La borsa sembrava aver creduto al nuovo corso di Deutsche Bank: il titolo era infatti salito oltre 32 euro a inizio agosto, ma poi all’insorgere di nuove grane giudiziarie (tra cui una brutta storia di riciclaggio in Russia) aveva ritracciato a 27-28 euro. E il giorno dell’annuncio del piano-shock ha perso quasi il 7%. In effetti gli obiettivi della nuova strategia al 2020 impostata dalla banca tedesca sono molto ambiziosi: da fine 2018 ratio patrimoniale Cet1 al 12,5% (11,5% oggi) e leverage ratio al 4,5% e return on tangible equity (rote) oltre il 10%, mentre il cost income ratio diminuirà dal 70% del 2018 al 65% nel 2020 e il peso dei risk weighted asset si ridurrà di un quinto a 320 miliardi.
Qualcuno ha però fatto di conto, osservando come, pur a fronte di un miliardo di risparmi derivanti dallo stop alle cedole e dei 3,8 miliardi di taglio di costi, il rote dell’istituto negli ultimi sette trimestri è sceso dall’11% a -44%.
La scommessa di redditività è quindi tutta in salita. Per raggiungere questi target Cryan s’è mosso però quasi subito ridisegnando profondamente il perimetro della banca e rivoluzionando il top management. Il modello di business anzitutto: l’attività di banca di investimento (Corporate Banking & Securities) è stata divisa in due dipartimenti, con la nascita una divisione Global Markets che raggrupperà le attività di vendita e di trading di titoli sui mercati mondiali e una divisione Corporate & Investment Banking (Cib) che raggrupperà i business corporate finance e global transaction. È un’implicita ammissione che Deutsche Bank smette di giocare la grande partita mondiale dell’investment banking, sempre più appannaggio dei giganti di Wall Street. Non solo. Il ragioniere Cryan è intervenuto anche sul business della gestione di patrimoni, visto la divisione Deutsche Asset & Wealth Management vedrà i clienti high net worth confluire nel Private Wealth Management, che diventerà una nuova business unit all’interno della divisione Private & Business Clients. In tal modo Deutsche Asset Management, privata del wealth management, si trasformerà in una divisione stand-alone concentrata solo sui clienti istituzionali e sul business dei fondi.
E gli uomini? In 100 giorni è stata eliminata quasi tutta la prima linea della precedente gestione di Anshu Jain, pirotecnico banchiere d’affari d’origine indiana, inciampato nella mega multa da 2,5 miliardi per lo scandalo Libor. Cryan ha fatto anche saltare due strutture intermedie tra le quattro divisioni «core» e il board: il comitato esecutivo e dieci dei 16 comitati del cda. La divisione Cib sarà guidata da Jeff Urwin, mentre lasciano Colin Fan, Stefan Krause e Werner Steinmuller. Inoltre Deutsche Asset Management vede Michele Faissola (nipote di Corrado, già presidente Abi) sostituito da Quintin Prince, già capo delle strategie di gestione alpha di BlackRock. Per un italiano che esce, un altro sale nell’organigramma: è Fabrizio Campelli, ex McKinsey e Goldman Sachs, che seguirà i clienti high net worth riportando a Christian Sewing. Oltre ai manager di divisione e business unit, Cryan ha sostituito anche quelli addetti alla «macchina» della banca: chief regulatory officer sarà Sylvie Matherat, chief administrative officer Karl von Rotr e chief operating officer Kim Hammonds.
Una banca più semplice ed efficiente, meno rischiosa e con meno prodotti: ecco la strategia da qui al 2020 per Deutsche Bank. Il ragioniere britannico ha promesso questo sotto il cielo di Francoforte, dove si stagliano le due torri DB. Quand’era chief financial officer di Ubs la sua cura quasi maniacale nel tagliare i costi portò i risultati sperati e oggi il gigante svizzero guidato da Sergio Ermotti è un esempio di business focalizzato. Cryan licenzierà, chiuderà sportelli anche in Germania e venderà diversi asset (ma non il redditizio business italiano), dal Postbank (strapagata sotto la precedente gestione) fino alla quota nella cinese Hua Xia Bank. Se ci riuscirà, confermerà da una parte la tesi secondo cui i bravi banchieri oggi sono più spesso dei ragionieri che stelle, dall’altra che Paul Achleitner, presidente del consiglio di sorveglianza di Deutsche Bank, in stretti rapporti coi poteri forti tedeschi (a cominciare dalla cancelliera Merkel), scelse bene quando due anni fa lo inserì in consiglio e 100 giorni fa lo nominò al posto di Jain, banker vegano con vestiti da mille dollari. Quando Jain era in conferenza stampa parlava inglese, Cryan invece si esprime in un tedesco perfetto. Un buon inizio, ma ora viene il difficile. In fondo è quello che il ragioniere inglese sostiene da sempre: «Execution, not strategy, is the problem».