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 2015  ottobre 31 Sabato calendario

È arrivato N1, un dispositivo tutto italiano che con i suoi dieci sensori promette di analizzare a fondo gli ambienti in cui viviamo o lavoriamo, dalla qualità dell’acqua all’inquinamento acustico fino alle polveri sottili e alle reti wi-fi

Arrivano in due, in una giornata che promette pioggia. I fondatori della Nuvap, startup toscana legata all’Università di Pisa, si presentano con la loro scatola bianca sotto il braccio chiamata N1 e progetti molto ambiziosi. Snocciolano la loro fiducia nel futuro misurando la stazza degli antagonisti: la californiana Nest di Google, la parigina Netatmo e tutti gli altri protagonisti dell’Internet delle cose, quel mondo di sensori collegati al web che analizzano la realtà aiutando a vivere meglio. «Lo sappiamo, non sarà facile», ammette il primo.
«Ma ci lavoriamo dal 2011 e siamo sicuri di quel che facciamo. Altrimenti non avremmo raccolto due milioni di euro in finanziamenti. Anche a dei giganti dell’hi-tech servirebbero mesi e mesi per arrivare ad un prototipo di qualità pari all’N1». Francesco Rapetti Mogol, figlio del celebre paroliere, a sua volta cantante, conduttore e concorrente de L’isola dei Famosi edizione 2011, a stento tiene a freno l’entusiasmo. Giacca e camicia, sciarpa attorno al collo, ora veste i panni dell’imprenditore a tempo pieno. O quasi.
Viene subito in mente Francesco Facchinetti, altro figlio d’arte e altro concorrente da reality show, che recentemente s’è messo a produrre (in Cina) smartphone con il brand Stonex. Ma stavolta la storia sembra essere diversa, sembra avere uno spessore differente. L’N1, ordinabile già oggi a partire da 379 euro sul sito della Nuvap, è un dispositivo che ha dieci sensori differenti e dell’ambiente in cui viviamo o lavoriamo può dire molto: qualità dell’aria, dell’acqua, temperatura, umidità, inquinamento acustico ed elettromagnetico. Può in pratica misurare la pericolosità dell’acqua che beviamo ma anche il livello di radioattività, quello del monossido di carbonio, la presenza di gas radon, di polveri sottili, la quantità di reti wi-fi che attraversano il nostro appartamento, la loro intensità e se siamo oltre la soglia di allarme. Ma può anche dire se ci sono fughe di gas o se c’è un incendio in casa ed eventualmente avvertirci attraverso l’app dove ci sono 24 diversi parametri che vengono controllati costantemente. Sul mercato ci sono sensori e apparecchi che misurano alcuni di questi parametri, dal segnalatore di fumo della Nest, alla stazione meteo della Netatmo fino alla webcam della Withings che controlla anche la qualità dell’aria. Ma nessuno ne ha così tanti come l’N1. «Si può usare per sapere tutto di un appartamento che intendiamo comprare o affittare. Ma per avere un’idea reale di quel che abbiamo a casa bisogna lasciarlo acceso almeno un mese, altrimenti potrebbe misurare dei picchi e non la media», spiega Marco Magnarosa, l’altro cofondatore. Anche lui trentaseienne, ha però una formazione completamente diversa rispetto a quella del figlio di Mogol. Ingegnere, è a capo di Cubit, azienda per metà pubblica fondata nel 2007 dal Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa, dal Polo Navacchio e da alcune imprese impegnate nelle telecomunicazioni. Fra i loro clienti ci sono Enel, Technogym, Ferrari, Giunti, Aruba. E ora gli ottanta dipendenti di Cubit stanno lavorando a tempo pieno per dare alla Nuvap una capacità produttiva di 100mila N1 al lancio, che ci sarà a novembre. «Strano a dirsi e ancor più difficile a credersi, ma l’N1 è costruito completamente in Italia, per lo più in Toscana. Nostra la progettazione, la produzione di tutti i componenti, l’assemblaggio», prosegue Magnarosa. «Nessuno, salvo poche eccezioni come Arduino, fa più hardware da noi. Eppure una tradizione ce l’abbiamo, basti pensare alla Olivetti». Già, la Olivetti. Si invoca sempre quando si tratta di ricordare la grandezza perduta dell’Italia che fu. Ma almeno i due della Nuvap stanno provando a far qualcosa. E sembrano divertirsi a specchiarsi in una storia narrata una infinità di volte, la dicotomia fra Steve Jobs e Steve Wozniak della Apple. La suggeriscono poco prima di salutare, scherzando. Ma è evidente che si accenterebbero di molto, molto meno. Basterebbe che l’N1 divenisse un prodotto dal discreto successo commerciale. E, in effetti, sarebbe un mezzo miracolo per un apparecchio hi-tech completamente made in Italy.