la Repubblica, 31 ottobre 2015
«Nel 2007 Bergoglio mi disse: “Se divento Papa canonizzo Romero”». Parola di Jesus Delgado, ex segretario dell’arcivescovo salvadoregno ucciso
«Era il 2007. Mi trovavo al raduno ecclesiale di Aparecida. Mi avvicinai al cardinal Bergoglio e gli chiesi: “Eminenza, un giorno Oscar Romero sarà canonizzato? Il cardinale Alfonso Lopez Trujillo – allora presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ndr – mi ha detto che ciò non avverrà mai…”. Lui rispose: “Guardi, se divento Papa la prima cosa che faccio è mandare Lopez Trujillo a San Salvador per canonizzare Romero”. Gli dissi che avrei pregato per la sua elezione. Sorrise, convinto che tanto non sarebbe mai accaduto».
Jesus Delgado Acevedo, vicario generale di San Salvador ed ex segretario dell’arcivescovo Romero, curatore dei suoi scritti inediti (“La Chiesa non può stare zitta”, Editrice missionaria italiana), raggiunto durante un raduno della Comunità di Sant’Egidio racconta i dettagli di quello che ieri Francesco ha definito un «martirio», continuato per Romero: «dopo essere stato assassinato fu diffamato e calunniato, anche da suoi fratelli nel sacerdozio e nell’episcopato». E ancora: «Lapidato con la pietra più dura che esista al mondo: la lingua».
Chi odiava Romero?
«Gran parte dell’episcopato del suo Paese. Lo accusarono di aver favorito, col suo Vangelo per gli ultimi e i poveri, l’ascesa del comunismo in El Salvador. Accusa ridicola che venne avvalorata da vescovi e anche monsignori del Vaticano. Calunnie che sparsero veleno su un sant’uomo: ma la cosa non è soltanto di ieri».
In che senso?
«Qualche mese fa, in occasione della cerimonia di beatificazione, i vescovi spagnoli non furono presenti. Mandarono solo un rappresentante della conferenza episcopale. Dissero che la beatificazione non era cerimonia religiosa ma evento politico: la mistificazione continua».
Che effetto le hanno fatto le parole di Francesco?
«Prima ha parlato da Papa, leggendo il discorso ufficiale. Poi ha alzato gli occhi dal testo ed è venuto fuori Francesco. Ha usato parole di verità, forti come era giusto che fosse».
Romero sarà canonizzato?
«Credo di sì. Francesco non me l’ha detto direttamente. Ma l’ha fatto capire a un confratello gesuita che segue la causa di beatificazione di Rutilio Grande, ucciso dagli squadroni della morte nel 1977: se sarà canonizzato avrà piacere a venire direttamente lui a celebrare. Prima, però, ha detto che deve essere sbloccata la causa di Rutilio. Il Papa ha detto che un miracolo c’è: “La conversione di Romero operata da Rutilio”».
Rutilio convertì Romero?
«Romero disse che si convertì giorno dopo giorno. Ma anche che quando vide l’assassinio di Rutilio capì di dover prendere la sua eredità. Rutilio gli aveva detto che doveva spendersi per i contadini, che non doveva agire da cattedratico anche se era vescovo. Romero gli disse che avevaun ministero da non disattendere. Però quando Rutilio morì, capì che la strada che egli aveva intrapresa era quella giusta».
I Papi che considerazione avevano di Romero?
«Paolo VI fu un padre per lui. L’ha sempre stimato. Giovanni Paolo II all’inizio sembrava non essere d’accordo c. Poi però cambiò decisamente idea».
Monsignor Paglia si è speso da subito per la canonizzazione, anche in anni difficili. Roberto Morozzo della Rocca in “Oscar Romero. Un vescovo tra guerra fredda e rivoluzione” (San Paolo) parla della causa e racconta di quando Wojtyla andò sulla tomba di Romero. Cosa accadde?
«Durante la visita a San Salvador chiese quando era prevista la tappa sulla tomba di Romero. Gli dissero che non era prevista. “Allora ci vado subito”, rispose. E arrivato alla tomba stese le braccia in avanti, e si rinchiuse in una intensa preghiera. Poi disse ai vescovi del Paese: “Romero è nostro”, rivendicando il carattere ecclesiale, religioso, sacerdotale della vita di Romero».