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 2015  ottobre 31 Sabato calendario

Qualche goccia di sangue e una luce laser: così una ricercatrice dell’Airc laureata in fisica vuole sfruttare lo spettro cromatico per identificare le cellule tumorali

Può suonare strano che di cancro si occupino i fisici: da sempre la ricerca è nelle mani di medici, biologi o genetisti. Ma non è così. Anna Chiara De Luca è laureata in fisica e sta studiando un sistema che sfrutta i colori della luce per diagnosticare tumori, leucemie soprattutto, in una goccia di sangue. Lei, 35 anni, è un «cervello di ritorno» e, grazie ai finanziamenti dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), ha dato vita a una start up al Cnr di Napoli, dove studia queste tecniche.
La sua passione per la ricerca nasce da quando era bambina: «Mi sono laureata in fisica a Napoli – racconta De Luca, originaria di Avellino —, poi sono emigrata in Scozia, all’università di St Andrews, dove sono stata per quattro anni: volevo mettere in pratica quello che avevo studiato sui libri. Ho avuto l’opportunità di rientrare in Italia grazie a un bando dell’Airc. Ma sono felice dell’esperienza all’estero, la rifarei cento volte. Il confronto con gli altri è fondamentale. Oggi ho realizzato il mio sogno: sono ricercatrice, ma anche moglie e mamma».
Partiamo dalla ricerca. «L’idea – continua la scienziata – è quella di sfruttare una luce particolare, la luce laser, per “radiografare” le cellule del sangue, sane o malate. Queste ultime, infatti, sono composte da Dna, proteine, grassi e, quando la luce viene proiettata su di loro, cambia colore a seconda delle sostanze che incontra. Analizzando lo spettro di colori, si ottiene una sorta di impronta digitale della cellula. Poi, con sistemi statistici sofisticati, si riesce a classificare le cellule sane e quelle malate. E, per quest’ultime, si può dire se sono più o meno mature: così, nel caso delle leucemie, si può anche stabilire il tipo di malattia (le leucemie, infatti, sono classificate in base al grado di maturazione dei globuli bianchi colpiti, ndr )».
Tutto si potrà fare su poche gocce di sangue, con un minimo stress per il malato (le leucemie colpiscono soprattutto i bambini) e in tempi rapidi. «Al momento abbiamo un sistema manuale: è il ricercatore che esegue il test, lo valuta e fa diagnosi – precisa De Luca —. Stiamo però lavorando perché possa essere usata anche da persone non esperte. Siamo alla fase sperimentale, occorrerà tempo prima di arrivare all’uso pratico in clinica».
Anna Chiara De Luca è tornata in Italia nel 2012 grazie, appunto, a un progetto Airc che finanzia il rientro di un giovane ricercatore dall’estero: da cinquant’anni l’associazione sostiene la ricerca contro il cancro e Anna Chiara rappresenta uno dei 5.000 ricercatori supportati dall’Airc. «L’Airc – spiega De Luca – davvero dà una mano ai giovani. Ha capito che la lotta al cancro ha bisogno di competenze diverse, di fisici, di nanotecnologi, di matematici. E valorizza anche il lavoro delle donne».
Anna Chiara è una felicissima neomamma. «Non pensavo che la famiglia fosse compatibile con il lavoro di ricerca, ma non è così – racconta —. Le cose vengono da sole: mi sono sposata e ho un bambino di 13 mesi. Pur mantenendo l’entusiasmo e la passione per il lavoro, a un certo punto della giornata mi tolgo il camice e mi metto i vestiti della mamma. Quando, l’anno scorso, la commissione di valutazione del progetto (tutti i finanziamenti dell’Airc sono sottoposti a periodiche revisioni, ndr ) è arrivata nei nostri laboratori, io avevo il pancione. Ho smesso di lavorare il 7 agosto. Ho partorito il 2 settembre».