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 2015  ottobre 29 Giovedì calendario

Ritratto di Yoram Gutgeld, Dottor Jekyll & Mr Hyde del governo Renzi

Togliere l’imposta sulla prima casa? È una manovra da Robin Hood alla rovescia, prende ai poveri per dare ai ricchi. Come uomo di sinistra sono contrario, come deputato del Pd non so se voterò il decreto». Così parlava Yoram Gutgeld il 30 agosto 2013, quando il governo presieduto da Enrico Letta aveva proposto di togliere l’odiosa imposta introdotta da Mario Monti sotto la mannaia dell’emergenza finanziaria. E il dottor Yoram ancora non litigava con l’onorevole Gutgeld.
Non si sa chi dei due abbia cambiato idea, fatto sta che adesso l’on. Gutgeld si fa paladino della lotta all’Imu e alla Tasi. Una piroetta niente male che spiega così, arrampicandosi sugli specchi: «Nel 2013 si fece una riduzione sulla prima casa e nient’altro; noi adesso riduciamo le tasse di 34 miliardi di qui al 2017». In realtà per ora sono in tutto tre miliardi, perché altri 16,8 vengono rinviati di un anno. Se ne riparla con la prossima legge di Stabilità che dovrà trovare entro il 2018 ben 33 miliardi. Gira e rigira, resta una clamorosa marcia indietro.
Il dott. Yoram era già conosciuto come consigliere di Matteo Renzi e l’on. Gutgeld si era distinto a Montecitorio come prolifico produttore di riforme chiaramente progressiste: «Più uguali, più ricchi», così ha intitolato il suo libro, un paradigma opposto a quello liberista.
Senonché, all’onorevole Gutgeld viene affidata una scrivania a palazzo Chigi. Renzi sarà anche un uomo solo al comando, ma è anche un presidente del Consiglio isolato e ha bisogno di pretoriani attorno a sé; magari non dà loro retta, però possono trasformarsi in ministri ombra ogni qual volta il titolare del dicastero diventa troppo eccentrico rispetto al «giglio magico».
Matteo e Yoram si sono incontrati nel 2012 quando il sindaco di Firenze stava preparando il take-over del Partito democratico. A portare a palazzo Vecchio l’allora senior partner e capo europeo della grande distribuzione alla McKinsey, sono stati il guru della meritocrazia Roger Abravanel e Davide Ferrero, amministratore delegato della Venchi, la vecchia fabbrica di cioccolato torinese, entrambi forgiati dalla società americana di consulenza.
Il rottamatore e il consigliere si capiscono al volo, si rivedono spesso, anche a Forte dei Marmi dove il manager ha casa e dove sua moglie Antonietta fa parte di una giuria gastronomico-culturale. Renzi perde le primarie ma offre a Gutgeld la candidatura alle politiche del 2013. Il neodeputato dibatte, propone, si agita senza incidere. La svolta avviene nel momento in cui mette fisicamente piede nel palazzo cinquecentesco degli Aldobrandini che lo stato acquistò dai principi Chigi nel 1916. È allora che si manifesta la scissione dell’io.
Così, dal settembre 2014 il dottor Yoram e l’onorevole consigliere Gutgeld cominciano a prendere strade divergenti.
Come sulle imposte per la casa. È vero che si deve al dott. Yoram una chiara virata fiscale che ha fatto venire i sudori freddi al ministro dell’Economia. È lui a ispirare il bonus di 80 euro (altri brividi nella schiena di Pier Carlo Padoan) perché è convinto che bisogna ridurre le imposte sul lavoro. Tanto che progetta di estendere l’operazione a chi è rimasto fuori: i pensionati, le partire Iva persino. Ma arriva come un fulmine a ciel sereno l’operazione prima casa e l’onorevole consigliere Gutgeld si allinea.
Un giro di valzer altrettanto inebriante avviene sulla riduzione della spesa pubblica. La spending review stava sullo stomaco a Renzi e non gli piaceva nemmeno il ruolo di commissario straordinario con licenza di tagliare affidato a Carlo Cottarelli. Tanto che la manovra viene sussunta a palazzo Chigi e affidata all’onorevole consigliere Gutgeld aiutato dal professor Roberto Perotti. A Cottarelli una buona uscita al Fondo monetario internazionale da dove proveniva.
Il dott. Yoram si rende conto che senza una qualche riduzione della spesa non ci sono le risorse per finanziare il taglio delle tasse. Cottarelli gli ha lasciato in eredità impegni ambiziosi che già erano stati ridimensionati a dieci miliardi nel Documento di economia e finanza varato in aprile, presentato in Parlamento e inviato a Bruxelles. Una parte delle risorse (almeno 4 miliardi) doveva provenire dalla sanità e a luglio l’on.Gutgeld pontificava sui giornali: «Puniremo gli ospedali in rosso». Apriti cielo.
Le Regioni battono i tamburi di guerra. La ministra Beatrice Lorenzin s’inquieta e punta i piedi. A settembre l’intervento sulla sanità regredisce a razionalizzazione. Adesso la legge di Stabilità annuncia risparmi per 5,8 miliardi, la maggior parte a carico dei ministeri. Il più colpito, con 2,4 miliardi, è il Mef (ministero dell’Economia e delle finanze) guidato da Padoan. Un caso, una necessità o un disegno preciso?
Il fortilizio voluto da Quintino Sella si è trasformato da tempo in un castello inespugnabile, con il rischio di diventare uno Stato nello Stato dotato anche di una propria forza armata, la Guardia di finanza. Era circolata più volte l’idea di tornare all’antico, separando di nuovo entrate e spese, Finanze e Tesoro. Renzi ha creato una sua struttura parallela, ha cercato di portare via la Ragioneria dello Stato, poi ha sottratto la revisione della spesa. In molti sono convinti che la prossima riforma istituzionale sarà una riorganizzazione dell’apparato centrale dello Stato, aumentando i poteri e le funzioni della presidenza del Consiglio rispetto alle altre branche del governo. E la più forte, più ramificata, più potente è proprio quella di via XX Settembre.
Il dottor Yoram viene da un luogo in cui si impara a comporre e ricomporre le aziende per gestirle in modo più efficiente: McKinsey offre una grande cultura organizzativa anche a scapito di quella strategica, secondo i critici. Il Mef non è fatto di mattoncini Lego, eppure smontarlo e rimontarlo è un invito a nozze per l’onorevole consigliere Gutgeld. Anche se già cova la rivolta: la minaccia di sciopero dei dirigenti della Ragioneria è un primo altolà. Che la festa cominci.