Il Tempo, 29 ottobre 2015
Torna nelle sale “Amici miei” a quarant’anni dall’uscita e a venticinque anni dalla morte di Ugo Tognazzi
W Ugo Tognazzi e W Amici Miei. C’è qualcosa di retorico nella toponomastica all’italiana, quel gusto di intitolare strade e piazze a personaggi noti passati a miglior vita, e nelle celebrazioni degli anniversari, con i soloni e i critici celebri a far discorsi, quasi sempre noiosi o fuori tempo massimo. Una retorica però che si dissolve ogni qualvolta la ricorrenza tocchi qualcosa o qualcuno di straordinario, come in questi giorni dove cadono i 25 anni dalla morte di Tognazzi ed i 40 dall’uscita del film “Amici miei” (che tornerà nelle sale il 16 e il 17 novembre). Perché Ugo e “Amici miei”, quel cast di attori sotto la regia di Monicelli, incarnano un momento di stato di grazia del cinema nazionale, un’autobiografia della nazione e del nostro scontento di italiani, senza perdere l’ironia.
Oggi, che il sarcasmo toscano, traccia di scrittura e vernacolo del film di Monicelli (nato da un’idea di Pietro Germi) è entrato a Palazzo Chigi, con Matteo Renzi, Luca Lotti, e il gruppo dei toscani, oggi che Monicelli e Tognazzi non ci sono, più possiamo dire forte che si, siamo tutti Lello Mascetti, l’uomo capace di dilapidare una fortuna ma di non perdere il gusto di vivere e dell’amicizia, delle zingarate, interpretato magistralmente da Ugo Tognazzi. Perché nel 2015 dell’era digitale, quel che Smart e tablet non riescono a restituire a noi contemporanei, nonostante gli enormi vantaggi della tecnologia, sono la poetica e l’ironia di Ugo Tognazzi e degli Amici Miei. Se Alberto Sordi, nell’immaginario comune, è diventato il simbolo dei difetti dei romani, Ugo Tognazzi con le sue interpretazioni al cinema ha incarnato il bello e il brutto degli italiani. Il Federale, il Mascetti appunto, lo sconcerto ne La grande abbuffata, i tic e i pregiudizi come nel Vizietto, i personaggi dei Mostri di Dino Risi, come il padre che insegna al figlio ad essere furbo, o il marito fedifrago nei film commedia, basti a pensare alle interpretazioni di lui e di Monica Vitti. Anche per questo, fottendosene degli anniversari, oggi gridiamo W Tognazzi e W Mascetti. Il Lello, con le sue debolezze, le sue vigliaccherie, la sua generosità, le sue sfortune. Siamo tutti Mascetti (e pureTognazzi) perché comunque vada si torna sempre lì, al gusto della vita, cinico ma schietto. Un gusto che fa cantare in coro a quattro amici un Rigoletto ad personam per il compagno di tante zingarate, in procinto di battezzarsi per desiderio di una donna vergine e timorata di Dio: “Bella figlia dell’amore, schiavo son de’ vezzi tuoi; con un detto, un detto sol tu puoi le mie pene, le mie pene consolar”.
Il sentimentale, l’edonista, per anni i rotocalchi italiani del secolo scorso hanno vissuto sulla vita di Tognazzi, senza badare troppo per il sottile. Mascetti, in fondo, era a suo modo edonista e donnaiolo perché la vita lo è. Oggi, passati i giorni clou dei ricordi per l’anniversario dalla morte di Tognazzi, oggi che l’Italia è orfana di una stagione, quella di Amici Miei, dei Monicelli, dei Tognazzi, dei Sordi, dei Gassman, dei Manfredi, oggi anziché ci tazioni di registi o elzeviri di critici, per ricordare Tognazzi riprendiamo le parole scritte da Giulio Andreotti, nella sua rubrica Bloc Notes per il settimanale L’Europeo, nel giorno della morte di Ugo Tognazzi. «Incontrandolo un giorno – scriveva il democristiano Giulio Andreotti – dopo l’uscita del “Vizietto”, dove si ridicolizzava piacevolmente la figura di un parlamentare, moralista di professione, distrutto senza colpa da circostanze familiari a contorno osceno, mi chiese se ce la fossimo presa a male nella corporazione dei deputati. Lo rassicurai e ci scherzammo sopra. Sembra che quando era uscito “Il Federale”, qualche ex si fosse risentito e lo avesse anche dichiarato. Ugo Tognazzi – concludeva Adreotti nella sua nota per il settimanale – è uno degli ultimi protagonisti del cinema dei miei tempi (non c’era negli anni Cinquanta il ministero dello spettacolo e ce ne occupavamo alla Presidenza del Consiglio) che se ne va. Lo ricorderò con nostalgia».
Oggi, in questa Italia anniversaria, c’è da avere nostalgia pure di Andreotti. O forse no. Comunque sia, W Tognazzi e W Amici Miei, la vita in fondo “si fa tanto per fare.