Il Messaggero, 29 ottobre 2015
Fotografie, lettere, sceneggiature, manifesti, pellicole: la miniera di cimeli rinvenuta nella villa di Alberto Sordi. Un patrimonio che presto diventerà un museo, con la cyclette antidiluviana e il toro meccanico su cui Sordi si allenava
Alberto Sordi ispirato nel giorno della prima Comunione, e bellicosamente corrucciato in divisa da Balilla. La foto di classe dei primi anni Trenta in cui il futuro mattatore mostra già l’inconfondibile faccia da”impunito” destinata a incantare e divertire, poche stagioni dopo, gli spettatori. Innumerevoli immagini inedite di Albertone in compagnia degli amati fratelli Savina, Pino e Aurelia, colti dall’obiettivo in momenti gioiosi d’intimità familiare.
E poi le lettere degli ammiratori – migliaia – insieme ai messaggi dei politici («avanti verso il 2000!», gli scrive Andreotti), delle personalità della cultura, dei papi, diligentemente catalogati in album rilegati (messi in fila, sviluppano 80 metri lineari) insieme a fotografie, sceneggiature, contratti originali, manifesti, ritagli stampa, pellicole, supporti magnetici, ritratti, regali dei fan. Questi cimeli preziosi, che testimoniano una vita e una carriera fuori del comune, sono saltati fuori dalla villa di Albertone che è stato il migliore archivista, il wikipedia personificato di se stesso. Costituiranno ora il materiale portante del Museo Alberto Sordi destinato a sorgere in quella stessa grande casa, incastrata nel verde di Caracalla, dove l’attore visse e morì, a 82 anni, il 24 febbraio 2003 lasciando Roma e il mondo orfani del suo talento, della sua umanità, del suo carisma.
ULTIME CASSE
Proprio stamattina, i camion porteranno via le ultime casse di documenti per metterli in sicurezza presso la Cineteca Nazionale che già nel 2011, secondo l’incarico ricevuto da Aurelia, la sorella dell’attore scomparsa un anno fa, aveva cominciato il meticoloso lavoro di catalogazione, archiviazione, digitalizzazione, protezione termica. Tutt’altro che una passeggiata: si parla infatti di 3.160 rulli di pellicola, 361 supporti diversi, oltre a 50mila foto e una valanga di documenti cartacei. La catalogazione, che avviene sotto il vincolo della Soprintendenza archivistica del Lazio guidata da Mauro Tosti Croce, si concluderà alla fine del 2016.
La residenza dell’attore si è infatti rivelata una miniera inesplorata dalla quale un paio d’anni fa saltarono fuori, scovati dal critico Enrico Magrelli, perfino gli appunti e la locandina di un film inedito, Il trombettiere del generale Custer, che Albertone aveva nel cuore ma non girò mai. Altre rarità emerse dagli scaffali: le registrazioni che si credevano perdute di Il conte Claro e Mario Pio, i primi personaggi radiofonici dell’attore.
IL BANDO
Con il trasporto di stamattina, l’ultimo, la nascita del Museo si avvicina ulteriormente. Che tempi ci sono perché i romani, ma non solo loro, possano andare a ritrovare l’adorato Albertone proprio nella sua casa? «Il lavoro procede e siamo contenti», risponde Italo Ormanni, il presidente della Fondazione Museo Alberto Sordi che gestisce il progetto secondo le volontà testamentarie della stessa Aurelia e con la benedizione del ministro Dario Franceschini. «Abbiamo affrontato i lavori più urgenti, come l’installazione di un nuvo sistema di allarme e dobbiamo ora intervenire per contrastare l’umidità. Il bando per la realizzazione del museo verrà lanciato nei prossimi mesi».
Ma non ci sono rischi che il progetto possa essere bloccato dalla causa per l’eredità intentata da 37 familiari alla lontana di Sordi. «Questi cosiddetti parenti», spiega l’avvocato Felice D’Alfonso Del Sordo che cura gli interessi della Fondazione, «affermano senza dimostrarlo che Aurelia era incapace di intendere e di volere all’epoca del testamento.
La casa è comunque protetta da un vincolo della Soprintendenza e dovrà diventare un museo».
Che tipo di museo? La Fondazione, che lavora in sinergia con un’altra entità voluta da Albertone, la Fondazione Giovani (presieduta da Carlo Verdone), un’idea già ce l’ha: «Pensiamo a una struttura vivacissima e non statica. Vogliamo creare un museo interattivo cioè in sintonia con la personalità e il cinema di Sordi», anticipa Ormanni, «i visitatori potranno ascoltare la sua voce, vedere gli spezzoni dei suoi film, immergersi nelle sue cose».
Resteranno dunque inalterati gli ambienti in cui Albertone ha vissuto: la barberia dove al mattino si radeva, si spruzzava l’immancabile profumo (”Caron pour un homme”, un classico) e parlava da un telefono rosso con produttori e collaboratori, il guardaroba dove sono ancora allineate le sue giacche e i cappotti di cammello, i saloni affollati di quadri e pezzi pregiati, la piscina dove l’attore si rilassava d’estate con i fratelli e pochi amici fidati.
Il pubblico potrà vedere da vicino anche la cyclette antidiluviana e il toro meccanico su cui l’Americano a Roma si allenava. E, in un angolo del vasto giardino, la Madonnina di gesso dove al risveglio portava una rosa e pregava. Dà un’emozione impagabile, immergersi in questo mondo sospeso nel tempo. È come se Albertone non se ne fosse mai andato e dovesse ricomparire da un momento all’altro, magari accompagnato da una delle sue battute: «Ahò, avemo scherzato».