Libero, 29 ottobre 2015
Confessioni di Dario Antiseri, quello del «Reale-Antiseri»
Negli anni Settanta incontravo spesso, presso l’editore Armando, Dario Antiseri. Oggi celebre filosofo della scienza e strenuo difensore della libertà; allora giovane autore, per l’editore romano, di un saggio monografico su Karl Raimund Popper e curatore di alcune importanti opere dello stesso, tra cui i due fondamentali volumi de La società aperta e i suoi nemici.
Antiseri ha appena partecipato al convegno di studio «Libertà di scelta educativa», promosso dalla Rivista Lasalliana diretta da professor Donato Petti, per i 50 anni della dichiarazione Gravissimum educationis del Concilio Vaticano II, con il segretario generale della Cei monsignor Nunzio Galantino, il presidente nazionale delle Scuole cattoliche Fidae (Federazione istituti di attività educative) Francesco Macrì e il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini.
Cos’è la «Buona Scuola» di Renzi? Un ennesimo pasticcio ministeriale ai danni dell’istruzione?
«Mi limito a dire questo: non si può seriamente pensare a una scuola davvero buona se non si introduce nel sistema scolastico la competizione. Mi piace una buona scuola statale, ma anche una buona scuola privata. La competizione migliorerebbe ogni tipo di scuola. È assurdo che chi voglia mandare un figlio a una scuola libera, non statale, si trovi a pagare due volte. Dover pagare per conquistarsi un pezzo di libertà non è degno di un Paese libero».
Sei rientrato pochi giorni fa dall’Ucraina, dove saranno tradotti i due volumi sul pensiero contemporaneo Cento anni di filosofia. Da Nietzsche ai giorni nostri (La Scuola): l’ultima magnifica opera scritta assieme a Giovanni Reale, che non si può non collegare ai tre volumi de Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi. Qual è il segreto del successo di queste vostre opere?
«Abbiamo lavorato direttamente sui testi dei filosofi. Abbiamo messo a confronto da una parte le domande che la storia del mondo e poi la complessa realtà contemporanea hanno posto alla riflessione filosofica e, dall’altra, le ipotesi di analisi e/o di soluzione elaborate dai vari pensatori. Insomma, abbiamo fatto un bench tra problemi e teorie e ne abbiamo articolato un resoconto. Non abbiamo indossato le toghe dei giudici. Ci siamo messi, invece, nei panni di autori di un manuale: non abbiamo dato giudizi, ma raccolto informazioni di prima mano, impegnandoci a salvaguardare il più possibile l’oggettività della nostra ricerca».
Purtroppo, Reale non è riuscito a vedere la nuova opera (è morto nell’ottobre del 2014). Ma ha vissuto le glorie de Il pensiero occidentale, compresa la laurea honoris causa all’Università di Mosca.
«I tre volumi de Il pensiero occidentale ci hanno dato grandi soddisfazioni. Posso dire che il nostro lavoro è stato apprezzato in tutto il mondo, visto che l’opera è stata tradotta e si sta ancora traducendo in moltissime lingue, dallo spagnolo al kazako. In Russia, la laurea honoris causa non è stata solo una cerimonia formale, ma piuttosto la certificazione ufficiale della stima che i colleghi docenti e personalità della cultura russa ci hanno espresso in mille modi».
Che ne dici di rivolgere un pensiero a Reale dichiarandogli ancora una volta il tuo affetto, la tua stima, ma anche il tuo dissenso? Per esempio, riguardo all’interpretazione del pensiero politico di Platone elaborata da Popper...
«Certo. Per me Giovanni è stato un grande maestro e amico. Ho sempre nutrito e continuo a nutrire una profonda stima per lui e per la sua opera. Ma continuo anche a dissentire dalla sua polemica con Popper sull’interpretazione di Platone. Secondo Reale, Platone vuol conoscere e formare lo Stato perfetto per conoscere e formare l’“uomo perfetto”. Non è forse, questa utopica perfezione, il nucleo centrale della presunzione di cui si nutre ogni concezione totalitaria? Ecco perché, secondo Popper, Platone è tra i nemici della società aperta. Detto in sintesi, Platone si pone il problema di chi comanda, Popper quello di come controlliamo chi comanda. E io sono d’accordo con Popper».