Libero, 29 ottobre 2015
Sul caso Valentino Rossi Travaglio ha scritto quello che scrive da circa venticinque anni, e cioè che hanno ragione i giudici. Di gara
In omaggio a Valentino Rossi, anche Marco Travaglio ha deciso di partire per ultimo: perciò ieri ha scritto quello che scrive da circa venticinque anni, e cioè che hanno ragione i giudici. Di gara. È più forte di lui: essere in disaccordo con la decisione dei giudici, secondo Travaglio, è soltanto «vittimismo complottista», mentre telefonare a Valentino Rossi, come ha fatto Renzi, equivale a «portare il contributo del governo al grande piagnisteo nazionale». Che si doveva fare? «Accettare il verdetto, atteso e dovuto», ma non basta: a suo dire la decisione presa è comunque «blanda rispetto al massimo della pena» inteso come squalifica al Gp successivo, e questo «lo spiega Scanzi a pagina 21». Peccato che Scanzi, a pagina 21, spiegasse tutt’altro, e spiegasse, cioè, che «Marquez è colpevole quanto Rossi» e che è stato sbagliato non punire anche lui: Travaglio dovrebbe controllare meglio i suoi box. In ogni caso quello che è successo tra Valentino e Marquez, insiste Travaglio, «l’hanno visto e rivisto tutti», «lo allontana col piede o con la gamba facendogli perdere l’equilibrio». Partito per ultimo, Travaglio è rimasto indietro un giro: che Marquez non sia caduto per questo l’ha già spiegato un giudice di gara, e l’ha spiegato Giacomo Agostini («Una moto così pesante non va giù per una ginocchiata») e l’ha spiegato addirittura «Scanzi a pagina 21»: toccato nella leva del freno, Marquez non ha più controllato la moto. Come Travaglio il suo giornale.