La Stampa, 29 ottobre 2015
Anche Corradino Mineo esce dal Pd
Nel tramestio di palazzo Madama che si prepara alla sessione di bilancio, il senatore Corradino Mineo ha deciso che col Pd può bastare. Lascia il gruppo e si iscrive al misto dopo una riunione con i colleghi per discutere l’organizzazione dei lavori sulla finanziaria.
Lui, che alla politica è arrivato dal giornalismo Rai, la spiega così: «Ho provato fino all’ultimo a restare nel Pd ma non è stato possibile. Dopo due ore e mezzo di dibattito, ridurre il dissenso a una questione disciplinare è buffo e grottesco. Mi è stato contestato un tweet sulla scuola o il fatto che il Movimento 5 Stelle abbia applaudito un mio intervento». Gli altri, i colleghi senatori, la raccontano diversamente. Tutto sarebbe partito dal capogruppo Zanda, che avrebbe mosso a Mineo il seguente appunto: «Io te lo devo dire Corradino, comunicare il proprio dissenso alla presidenza del gruppo prima che in aula o ai giornali è una questione di stile. Come lo sarebbe evitare di utilizzare argomentazioni insultanti per i compagni nel farlo». E li, raccontano i parlamentari «apriti cielo».
Lui, che non rinnega le tante posizioni in contrasto con la linea del partito, si prepara a un giro dell’Italia rossa: «Con i vari compagni proverò a vedere se ci sono le forze necessarie per opporsi alla deriva plebiscitaria imposta dal presidente del Consiglio e per costituire un grande gruppo politico di sinistra. Mi rivolgo a Possibile di Civati come a Sel e a Fassina: ci vuole un lavoro di ricucitura unitaria e generosa. Incontro molte persone che mi chiedono di tenere duro per contrastare la svolta a destra del presidente-segretario». In quel campo il fermento dell’ultimo anno si sta addensando in strutture parlamentari in via di definizione. «Hic manebimus optime. Beh, non proprio optime», sibilava ieri Cuperlo, mentre Fassina, che è già fuori, lavora alla costituzione di gruppi parlamentari. Se al Senato permangono le posizioni critiche di Tocci, Tronti e Casson alla Camera ci sarebbero altri nomi pronti a lasciare durante la sessione di bilancio Galli, Dolino, Monaco e D’Attorre. Quest’ultimo ieri ha smentito l’esodo di massa ma ha avvertito: «Non credo che ci sarà l’ora X della scissione del Pd con uscite in blocco, ma se il Pd conferma questa rotta di governo e la sua mutazione genetica, il processo di distacco di parlamentari e militanti è destinato a intensificarsi nelle prossime settimane e mesi».