Il Sole 24 Ore, 28 ottobre 2015
Che se ne farà mai, un investitore grande o piccolo che sia, di un titolo che se acquistato oggi e detenuto fino a scadenza produrrà una minusvalenza? E che comunque, non rende nulla nel senso letterale della parola?
La prima asta di CTz a rendimenti sottozero fa pensare a un gran malditesta per il gestore di fondi e per il risparmiatore. Che se ne farà mai, un investitore grande o piccolo che sia, di un titolo che se acquistato oggi e detenuto fino a scadenza produrrà una minusvalenza? E che comunque, non rende nulla nel senso letterale della parola? Sui mercati, però, soprattutto di questi tempi, le cose spesso non sono quel che sembrano. Il CTz collocato dal Tesoro, che sul secondario veniva ancora trattato a +0,001% e che comunque non rientra nel paniere dei titoli candidati per il Programma Bce di acquisti di titoli pubblici, è entrato ieri a far parte di un mondo favoloso, da “Riccioli d’oro”. Sì, proprio i riccioli della bambina nella favola dei tre orsi, che beve dalle tre scodelle, siede sulle tre sedie e si riposa sui tre letti in cerca di quello migliore. La chiamano sui mercati “Goldilocks economy” o Goldilocks land. È quando si verifica una situazione ottimale caratterizzata da una crescita solida (quella europea è attorno all’1,5%/2% e anche quella italiana promette di rafforzarsi in un biennio) ma non forte al punto da far scattare l’inizio di una politica monetaria restrittiva. C’è crescita senza inflazione e la banca centrale, la Bce per l’Europa, deve rimanere molto, molto accomodante. Questo crea un habitat per alcuni ideale come nella favola.
L’attesa di conoscere i nuovi parametri del QE2, che dovrebbero essere annunciati dal presidente Mario Draghi in dicembre, sta facendo volare i prezzi dei titoli di Stato in euro. Per il CTz, ha fatto più presa, tra tutte, la previsione del taglio delle deposit facilities, che da -0,20% sono viste calare ad almeno -0,30%. Il CTz è stato comprato anche perchè rende più di altri titoli di Stato dell’Eurozona sulla scadenza dei due anni. E perchè promette una plusvalenza sull’immediato, in vista di un ulteriore ribasso dei rendimenti. A rimpolpare la domanda, in aggiunta, la maxi-scadenza del CTz rimborsato per 15,5 miliardi il 31 dicembre.
A domanda «comprate titoli di Stato con rendimenti negativi?», il gestore italiano di un fondo pensione risponde senza esitare: «Certo che sì. Prevediamo ribassi dei rendimenti, quotazioni al rialzo, li rivenderemo a prezzi più alti».
Un mondo da riccioli d’oro, veramente? E cosa dire della Cina che esporta deflazione e cresce a ritmi che nessuno conosce, o dei mercati emergenti che stentano a riprendersi, o dell’economia americana che non brilla più come una volta. È un mondo fragile, quello europeo, alle prese con il consolidamento fiscale per eccessivo debito pubblico, il delevereging delle banche, e il ritardo sulle sfide della tecnologia, dell’innovazione, della demografia, delle infrastrutture, della disoccupazione giovanile, dell’emergenza immigrazione e del cambiamento climatico. Il clima, grazie al QE, resta quello del “risk on”. «I tassi sono molto bassi ma noi guardiamo sempre alle alternative e la Bce sta appiattendo la curva dei rendimenti ovunque. Il rendimento dei titoli cosiddetti “risk free” continua a scendere e trascina giù anche i titoli più rischiosi, come i CTz, – ha commentato ieri Nicola Mai, senior vice president, responsabile analisi macro e titoli sovrani di Pimco -.I titoli di Stato italiani restano attraenti, il premio a rischio del BTp decennale sui Bund è superiore all’1%. Fino a dicembre, l’attesa del QE2 di Draghi non rende conveniente vendere rischio. È difficile trovare valore di questi tempi sui bond ma il fatto che la Bce non possa staccare il piede dall’acceleratore da un forte sostegno sui prezzi». Sull’Italia, il risk on c’è ma con qualche riserva. «La Bce sta aiutando i titoli di Stato italiani, senza QE lo spread non sarebbe dove è adesso. Le aspettative sull’inflazione hanno contribuito a portare il rendimento dei CTz in asta sotto lo zero. Ma noi prevediamo per l’Italia un’inflazione inferiore a quella preannunciata dal Governo Renzi – ha detto Fabio Balboni, economista per l’Europa di HSBC -. Il risparmio della spesa per gli interessi sul debito è elevato per l’Italia: basta confrontare le stime dell’aprile 2014, che davano questa voce di spesa al 5,2% del Pil, e il 4,2% nella Legge di Stabilità, c’è un intero punto di Pil in meno di spesa sugli interessi che potrà aiutare l’Italia nel negoziato con Bruxelles, come ha fatto la Francia l’anno scorso: l’aggiustamento strutturale infatti tiene conto della spesa per gli interessi sul debito. Ma ridurre gli interessi da solo non basta. Con bassa inflazione e crescita nominale, riteniamo che non sarà possibile per l’Italia ridurre il debito/Pil già dal 2016».