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 2015  ottobre 28 Mercoledì calendario

Luisa Mandelli, la soprano novantatreenne che, il prossimo 19 dicembre a Berlino, sarà di nuovo Annina nella “Traviata”, lo stesso ruolo che portò alla Scala 60 anni fa, accanto alla Callas

Dal paradiso, Maria Callas mi ha fatto un regalo: sessant’anni fa ho cantato con lei nella leggendaria Traviata diretta da Luchino Visconti alla Scala e ora, a 93 anni, tomo in scena nella stessa opera. Sono sicura sia merito suo». Così racconta il soprano Luisa Mandelli, classe 1922, che il 19 dicembre prossimo, allo Staatsoper Unter den Linden di Berlino, canterà nella Traviata sotto la dilezione di Daniel Barenboim, interpretando lo stesso ruolo che aveva avuto in quell’opera nel 1955: Annina, la domestica di Violetta. «E stato il maestro Barenboim a volermi», spiega. «Ha detto “Voglio l’Annina della Callas!”, non potevo rifiutare».
Dopo una carriera che l’ha portata a cantare nei più prestigiosi teatri del mondo e dopo aver lavorato a lungo come consulente musicale per la Ricordi, da quindici anni Luisa Mandelli è ospite della Casa di riposo per musicisti Fondazione Giuseppe Verdi. A 93 anni è ancora infaticabile. «Studio, ascolto musica, mi occupo della chiesetta di Casa Verdi e quasi tutte le sere vado alla Scala a vedere le opere, i concerti e anche le prove», continua. «La musica è il segreto per vivere a lungo e in piena serenità. La mia maestra me lo diceva sempre: non abbandonare mai canto e musica, perché nella vita troverai in loro glande conforto. È la verità».
Signora, ci racconti dell’impegno di dicembre a Berlino. Davvero è stato Barenboim a chiamarla?
«Proprio così. Il maestro l’avevo conosciuto nel 2007, quando alla Scala aveva diretto Tristano e Isotta. Insieme ad altri loggionisti lo aspettavo per complimentarmi, quando qualcuno gli detto che avevo cantato La Traviata con la Callas. Barenboim mi si è avvicinato: “Lei mi deve fare ancora una volta Annina”. Gli ho risposto: “Maestro, ma lei sa quanti anni ho?”, e lui ha sorriso. Ma non ha dimenticato. Lo scorso aprile mi sono fatta accompagnare a Berlino per vedere Barenboim dirigere il Parsifal. Dopo la recita sono andata a trovarlo in camerino: lui mi ha accolto con entusiasmo e mi ha presentato la nipote del leggendario direttore Wilhelm Furtwängler. Poi è tornato sul suo progetto. “Voglio che lei faccia Annina qui a Berlino!”. Alla fine ho accettato. Prima, però, ho voluto provare la voce: la stavo lasciando dormire da molto, molto tempo, ma l’ho trovata ancora in forma. Allora ho ripreso ad esercitarla ogni giorno con un maestro della Scala. La parte di Annina è breve ma impegnativa: è in una scena drammatica, si deve avere la voce pronta, espressiva. Tante piccole cose che meritano costante esercizio».
Come ha iniziato a cantare?
«Mi sono appassionata al canto da bambina, poi ho studiato a Stresa con Elisabetta Oddone, un’insegnante straordinaria. Tre volte alla settimana facevo trenta chilometri in bicicletta per andare da lei, anche con la pioggia, anche con la neve. Ma la mia maestra morì all’improvviso. Allora una facoltosa famiglia di farmacisti mi aiutò a studiare al Conservatorio di Milano, dove mi diplomai nel 1947. Nel 1953 feci un’audizione alla Scala e mi presero subito. Da quel momento sono vissuta con la musica».
Perché dice che questo è un regalo della Callas?
«Da quando è morta, nel 1977, la ricordo ogni giorno e faccio celebrale una messa di suffragio nell’anniversario della sua morte. Non ho mai saltato un appuntamento. Lo scorso 16 settembre ho organizzato la messa nella chiesa della Passione: ho fatto preparare dei manifesti, ho chiesto al sindaco Pisapia il permesso di affiggerli e lui è stato entusiasta. Alla celebrazione, la chiesa era zeppa. La Callas è ancora nel cuore di tutti. Sento che dall’alto mi protegge e sono sicura che. anche in quest’occasione, sia stata lei a far sì che io potessi provare ancora una volta l’emozione del palcoscenico.»
Cosa ricorda di lei?
«L’ho conosciuta quando fui presa alla Scala, nel 1953. Quell’anno lei faceva Medea. Era grandissima, inarrivabile. Ma anche affabile, gentile, dolcissima. soprattutto con le persone umili. Nel 1955, poi, c’è stata la famosa Traviata di Visconti, alla quale ho partecipato. Un’opera entrata nella leggenda con un cast stratosferico. Il direttore era Carlo Maria Giulini, Giuseppe Di Stefano era Alfredo ed Ettore Bastianini faceva Germont. Le scene erano di Nicola Benois. Secondo me, tra la Callas e Di Stefano c’era già qualcosa: si intuiva da come cantavano, dalla passione dei loro duetti. E poi c’era Giulini, che porto nel cuore: un maestro insuperabile. Alla fine dell’opera salì sul palcoscenico e venne a dirmi: “Luisa, mi ha fatto un’Anilina proprio per bene!”. Non ho mai dimenticato quel suo complimento».
E adesso, Berlino.
«Già. Mai avrei pensato potesse accadere una cosa simile. Credo si tratti di un record. Spero che il Signore mi faccia vivere fino a quel momento. Io mi sto preparando bene, farò del mio meglio. E di certo la Callas e Verdi veglieranno su di me».