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 2015  ottobre 28 Mercoledì calendario

Federica Bosco, storia di una vegana che ha smesso. Per sette anni ha mangiato finte uova, finti bastoncini di pesce, margarina fatta in casa, porchetta di lupino ma ora si è stancata di pelare, tritare, lessare, stufare, germogliare, addensare, affettare e frullare tutti i giorni

Sono diventata vegana sette anni fa in seguito alla lettura di un libro molto diretto sulle crudeltà verso gli animali e sul danno delle proteine animali al nostro corpo. Era lunedì. La domenica ero stata alla Sagra del cinghiale a Vicchio del Mugello. Chiusi il libro e diventai vegana.
All’epoca ero praticamente sola a intraprendere questo viaggio. La transizione da onnivora a vegana non fu facile, ma nemmeno così drammatica. La mia decisione era talmente granitica che non mi sfiorò mai più l’idea di mangiarmi una bistecca, il problema vero era cominciare a cucinare, dato che la mia alimentazione fino a quel momento era basata quasi esclusivamente su bresaola e salmone. Una dieta vegana non è di per sé sinonimo di alimentazione sana (io camperei di prosecco e focaccia), quindi è stato necessario capire quali cibi fossero migliori da consumare e in quali abbinamenti per non avere carenze nutrizionali. E una volta cominciati a conoscere gli ingredienti nuovi, ho potuto togliere latticini. carne, pesce, uova e miele. Sì. lo so. la domanda è: e cosa mangi allora? Tutti i cereali, tutti i legumi, la verdura, la frutta, i dolci senza latte e uova, i sostituti della carne, soia. La vera difficoltà è stata spiegare questa scelta ad amici e parenti, le battute non si risparmiavano: «Hai deciso di diventare infelice?», «Lo vuoi il pollo? Tanto mica è carne!». E io rispondevo a suon di inviti a pranzi e cene, pur di dimostrare che la scelta vegana non comportava chissà che sacrifici, ma si potevano riprodurre tutti i piatti onnivori senza impatto ambientale e tossico.
E vai di chili con carne di seitan, tiramisù di tofu. polpettone di soia, formaggio di anacardi. Per anni non ho fatto altro che cucinare, eravamo in due. lui assolutamente devoto al dio insaccato, e io la vegana talebana etichetta-dipendente. Ma quando andavamo a cena fuori lui era disperato, io gli dicevo che non era un problema, che avrei mangiato qualcosa (spesso broccoletti ripassati e pane e pomodoro!) e lui che mi amava molto era triste.
Nel frattempo la consapevolezza dell’impatto del cibo sul corpo si è fatta massiccia per tutto il mondo, tutti hanno capito che la carne rossa è cancerogena, che i latticini intossicano e non sono affatto una buona fonte di calcio, che i cibi industriali carichi di zuccheri e conservanti sono il demonio. Ma proprio ora che il peggio è passato, che al ristorante se dici che sei vegano ti propongono un menu completo in alternativa ai soliti tre contorni, e che tutte le grandi catene di supermercati hanno una linea dedicata, insomma, ora che è facile, ammetto di essere stanca morta. Ma stanca davvero. Perché in questi anni, la consapevolezza mi si è rivoltata contro rendendomi paranoica, e io adesso non so più cosa mangiare. Le verdure devono essere di stagione. Nei negozi bio per comprare un chilo di mele ci vuole un mutuo. L’alternativa è un gruppo di acquisto insieme ad altre famiglie o verdura a chilometro zero nei mercati della Coldiretti, insomma si può fare, ma ci vogliono tempo, soldi e voglia. Tanta voglia. Allora ho pensato, ingenuamente, che avrei potuto facilmente nutrirmi di sostituti della carne e del pesce, come l’affettato vegano, gli hot dog à soia, tofu in ogni forma e guisa, tempeh, seitan, spendendo cifre folli, ma almeno avendo la possibilità di mangiare qualcosa quando mi esplodeva la fame «cattiva», salvo poi scoprire a mie spese che la soia (che è un fitoestrogeno) e il seitan (che è glutine) fanno quasi peggio della carne, e nel caso della soia scombussolano non poco il sistema endocrino se consumati regolarmente. Allora ho tolto anche la soia e il seitan. Panico.
E adesso che mangio? Ma come! Obietterete voi, ma non li leggi i libri di Marco Bianchi? Si possono anche preparare un milione di altre cose! Hamburger di ceci, polpette di miglio, sformati, primi, secondi.. Si può fare qualunque cosa! E come non lo so? Tante cose, tutte squisite, certo. Ma dopo sette anni io ora sono stanca di frullare, pelare, tritare, lessare, stufare, germogliare, addensare, affettare e poi lavare i 300 pezzi del frullatore, tutti i giorni. Franco Berrino, oncologo, dice che siccome ama molto il dolce, ma lo zucchero è pericolosissimo e il fruttosio anche di più. si concede un dolce al giorno dolcificato con il kuzu. No il kuzu no... Al kuzu non ci arrivo nemmeno io che negli anni ho ceduto al germe di grano, la spirulina. L’agar agar, la B12, gli omega 3 di Perilla, le finte uova, i finti bastoncini di pesce, la margarina fatta in casa, il dentifricio vegano, il vino senza solfiti e la porchetta di lupino.
Ora, quando arriva l’ora di pranzo, mi viene anche un attacco d’ansia. E la voglia di tornare da mia madre che cucinava senza chiedersi se c’erano i fodmap (cibi che fermentano nell’intestino facendo gonfiare la pancia) o se l’indice glicemico era giusto. Metteva a tavola sempre più o meno le stesse cose e andava bene a tutti.