Il Sole 24 Ore, 28 ottobre 2015
Grazie alle riforme realizzate negli ultimi due anni l’Italia ha nettamente migliorato la sua competitività. Ora però viene la parte più difficile: per risalire ulteriori posizioni occorre razionalizzare il fisco, aiutare l’accesso al credito e realizzare le famigerate semplificazioni
Venti posizioni recuperate in due anni sono un ottimo segnale. Colpisce l’exploit nelle condizioni per le esportazioni e l’import e si nota nel rapporto l’apprezzamento per gli sforzi fatti sul mercato del lavoro e per la giustizia telematica. Non può essere una mera soddisfazione statistica. Al di là delle singole opinioni sul livello di autorevolezza di questa o di altre classifiche internazionali, la sensazione è che stia entrando a regime il lavoro finalizzato ad attrarre nuovi investitori esteri. L’obiettivo di intercettare capitali sta impegnando le delegazioni governative in missioni ufficiali e in incontri riservati con grandi fondi. Per risalire ulteriori posizioni nella graduatoria “Doing Business” il governo sta studiando ora nuove misure, soprattutto di tipo regolamentare, e potrebbe essere l’occasione per colmare i vuoti ancora presenti. Le tortuosità del fisco, che ci vedono ancora tra i peggiori. L’accesso al credito, dove non eccelliamo nonostante i primi tentativi di favorire canali alternativi a quello bancario. O le famigerate semplificazioni, sempre a metà del guado nell’infinita sequenza di riforme più o meno abbozzate. La parte più difficile inizia adesso, se davvero si punta a conquistare 20 miliardi di investimenti aggiuntivi.