il Fatto Quotidiano, 28 ottobre 2015
Video, notizie, alleanze con i grandi gruppi editoriali, pubblicità mirate: questo il futuro di Twitter secondo Salvatore Ippolito, responsabile per l’Italia. Ben al di là dei 140 caratteri
Neanche l’ombra di un raffreddore: più dicono che moriremo, più ci allungano la vita. A questo punto, si prospetta ultracentenaria”. Salvatore Ippolito è il country manager di Twitter in Italia: nella sede di Milano, dove lavorano 15 persone, è arrivato due anni fa dopo essersi laureato in Legge a Napoli e aver frequentato un master all’Università Bocconi di Milano. Ha lavorato in Nielsen, Unicredit, Microsoft, Wind e 3M. Oggi, a capo di Twitter Italia, cerca di tracciare la strada per rinvigorire l’uccellino azzurro. “Il futuro di Twitter – spiega al Fatto – è pieno di sfide, ma non ci spaventa, nonostante alcuni dati non siano incoraggianti e la stampa si accanisca dandoci per spacciati”. La rinascita di Twitter, secondo Ippolito, passerà attraverso due canali: i video e l’informazione. Descrive le prospettive del social partendo da Periscope, la App di video in streaming lanciata a marzo 2015 e che, ad agosto, ha raggiunto i dieci milioni di utenti. “È una funzione strategicamente importante per Twitter – spiega – perché rappresenta l’essenza del nostro social network. Gli utenti sono attratti dalla possibilità di sapere cosa succede nel mondo in tempo reale, di conoscere in diretta tendenze e opinioni, di potersi affacciare da una finestra che gli mostri cosa accade in quel momento: oggi la nostra sfida è fare in modo che questa comunicazione avvenga soprattutto tramite video”.
Twitter entra poi decisa in quella fetta di mercato editoriale che i social network stanno cercando di assicurarsi da mesi, stringendo partnership con i grandi gruppi editoriali (dal Washington Post al New York Times, ai siti di intrattenimento come Mashable e Buzzfeed): il 6 ottobre, negli Usa, ha lanciato Moments, un’opzione che permette di accedere a una selezione di video, testi e immagini raccolti da un team dedicato e raggruppati per argomento, in base alle notizie del giorno. Un modo per informare senza far uscire gli utenti dalla piattaforma. Anche perché, racconta Ippolito, è importante far capire agli inserzionisti come funziona Twitter, educarli. “La nostra strategia si basa sul real time marketing: collegare l’offerta con il giusto target di utenti, intercettandoli in tempo reale sulla base delle loro preferenze”. E l’advertising offerto da Moments, sostengono gli analisti, potrebbe dare una marcia in più al Social Network.
Non regge quindi il paragone con Facebook, che ruberebbe la loro pubblicità. “È assurdo paragonarci a Facebook, a Instagram, a Linkedin o a Google – dice Ippolito – siamo diversi e in un certo senso incomparabili. Twitter ormai è una piattaforma informativa, abbiamo un utente veloce, in movimento, che si connette per aggiornarsi: l’80 per cento entra da mobile”. Inoltre la piattaforma è diventata a tutti gli effetti una cassa di risonanza per la tv, un secondo schermo. Da un lato raccoglie commenti in diretta dei programmi ed è in grado di verificarne il gradimento immediato, dall’altro, con un servizio che si chiama Amplify, stringe partnership con le reti (attiva al momento quella con Sky) e ne trasmette in diretta o in lieve differita i contenuti. Il tutto con relativa raccolta pubblicitaria. “Il mondo del web e del digitale cambia sulla base dei bisogni degli utenti – continua Ippolito – Per sopravvivere basta capire come adeguarsi”.
E infatti tra le nuove identità di Twitter, ce n’è una a sorpresa: si è trasformata in un’area usata dalle imprese per comunicare con i clienti. L’80 per cento delle richieste di customer care transita su Twitter. “Durante l’Expo sono arrivate domande da ogni parte del mondo e gli addetti all’assistenza clienti hanno risposto tramite il nostro canale”.
Il problema della società, fondata a San Francisco nel 2006 dall’attuale Ceo Jack Dorsey, non è quindi la monetizzazione pubblicitaria. Anzi. Il tasso di crescita annuo è di gran lunga superiore a quello di Facebook (41 per cento contro il 26 per cento), ed è indice di un sistema pubblicitario efficace. Ieri sono stati diffusi i dati del terzo trimestre 2015: 569 milioni di dollari di ricavi (oltre 200 in più rispetto al 2014), di cui 513 provenienti dagli spot.
Il problema è il numero di utenti: la sua crescita quasi inesistente crea un clima di sfiducia attorno al Social. Tanto che le azioni sono scese sotto il livello dell’Ipo del 2013. Per Ippolito, però, i dati italiani sono bellissimi. “Ma non possiamo diffonderli né commentarli – specifica – e ci dobbiamo attenere a quelli internazionali”.
Il country manager, però, non nega l’andamento critico. Dorsey ha annunciato il licenziamento di 336 persone (l’8 per cento della forza lavoro totale) e ha distribuito un terzo delle sue azioni della società ai dipendenti (poco meno di 200 mila dollari). “Siamo in una fase di transizione – dice – cosa c’è di male in un’azienda che sta solo cercando di evolversi? Ho visto decine di società fare una brutta fine perché fossilizzate nella loro originaria identità”.
È la conferma dell’abolizione dei 140 caratteri? “Questa è una domanda oziosa – conclude – Ormai si possono postare foto e video: non li abbiamo già superati?”.