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 2015  ottobre 28 Mercoledì calendario

Jeffrey Deaver è andato a presentare il suo ultimo libro in carcere

Jeffrey Deaver, maestro americano del thriller e autore di romanzi diventati bestseller internazionali come Il collezionista di ossa, è in questi giorni in Italia per promuovere Hard News, il capitolo finale della trilogia di Rune, con cui esordì negli Usa alla fine degli Anni Ottanta. Tra i temi principali del libro, lo strapotere dei grandi organi di informazione.
 
Mr. Deaver, in Italia i suoi libri hanno venduto 2,5 milioni di copie. Che effetto le fa promuovere a distanza di oltre vent’anni il romanzo con cui si conclude il suo ciclo d’esordio?
«Quando scrivo un romanzo cerco sempre di coniugare due cose: la storia deve contenere un elemento di attualità appetibile per i lettori, e dimostrarsi capace di durare nel tempo. E il tema dello strapotere degli organi di informazione, come quello del fallimento del sistema giudiziario americano, sono purtroppo attuali ancora oggi».
Per quanto riguarda l’informazione, non crede sia cambiato qualcosa grazie a strumenti come il Web e i social network?
«Certo: oggi esiste questa sorta di micro-giornalismo, Twitter e blog fanno circolare immediatamente le notizie in rete. Ma ancora oggi molto spesso solo i grandi organi di informazione hanno i mezzi e la possibilità di controllare e verificare certe notizie».
Crede che i grandi network abbiano contribuito ad accrescere la popolarità della candidatura di Donald Trump?
«Dipende dalla loro tendenza politica: quelli che parteggiano per i repubblicani lo hanno appoggiato, quelli democratici affossato. Ma il dato interessante viene fuori andando a vedere come lo hanno trattato i giornalisti imparziali: lo hanno demolito».
Lei domani (oggi per chi legge, ndr) presenterà Hard News alla Scuola Holden, ma prima incontrerà i detenuti del carcere di Saluzzo. È la prima volta che entra in un penitenziario?
«No, sono stato nel carcere di Monza appena quattro giorni fa. In America mi era già successo di parlare dei miei libri con ex detenuti, ma grazie a questo tour italiano per la prima volta ho potuto varcare la soglia di un penitenziario».
Che effetto le ha fatto? Da parte mia sono stato in passato, oltre che a Saluzzo, a Rebibbia e nel carcere delle Vallette, e non sono cose che si dimenticano facilmente.
«Sì, devo dire che è stata un’esperienza molto emozionante, molto bella. Nella biblioteca del carcere di Monza ho incontrato persone che avevano un grande interesse per i libri e la scrittura: in molti mi hanno fatto domande anche molto tecniche, chiedendomi consigli in merito all’elaborazione della trama o alla costruzione del personaggio, segno che in carcere avevano iniziato a scrivere a loro volta. Ho avvertito una grande partecipazione, e una passione vera per la lettura. Certo sentire tutte quelle porte che quando entri si richiudono alle tue spalle a doppia o tripla mandata fa una certa impressione».
Qualche anno fa si è cimentato nella scrittura di un romanzo che aveva come protagonista James Bond. Quali difficoltà ha incontrato nello scrivere una storia che aveva un protagonista nato dalla penna di un altro autore?
«Beh, intanto sono stato davvero onorato dal fatto che gli eredi di Ian Fleming chiedessero proprio a me di scrivere un nuovo capitolo di quella saga. Da parte mia, ho cercato di recuperare il James Bond delle origini e di calarlo nella contemporaneità».
Di recente il presidente Obama ha ammesso la sua sconfitta in merito alla vendita libera di armi. Il totale delle vittime delle stragi avvenute negli ultimi lustri negli Usa supera quello dei caduti nelle guerre in Medio Oriente. L’America verrà mai fuori da questa spirale di violenza?
«Sfortunatamente la possibilità di acquistare un’arma è sancita da una norma della nostra Costituzione, interpretata finora nel senso che chiunque può possederne una. Occorrerebbe rivedere questa norma in senso restrittivo. Ma come sappiamo la lobby dei fabbricanti di armi è potentissima, e nessun politico o magistrato ha finora avuto il coraggio di condurre fino in fondo questa battaglia. E finché non avremo un presidente deciso a farlo, purtroppo le cose non cambieranno».