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 2015  ottobre 28 Mercoledì calendario

Brutto debutto delle Poste in Borsa: vanno giù dello 0,7 per cento

Chi si aspettava fuochi d’artificio è andato deluso. Il debutto delle Poste Italiane a Piazza Affari non è dei più brillanti e vede il titolo chiudere a 6,70 euro, lo 0,74% in meno rispetto al prezzo di collocamento, fissato a 6,75 euro. E pensare che i primi segnali visti in mattinata sono di tutt’altro segno. Nell’asta di pre-apertura i titoli delle Poste volano a +9,26%, per aprire con un primo prezzo ufficiale di 6,85 euro (+1,7%). Ma basta una mezzora per assistere all’azzeramento dei rialzi col titolo che viaggia per tutta la giornata col colore rosso, peraltro in linea – anzi, leggermente meglio – dell’indice Ftse Mib che chiude la seduta in ribasso dell’1,15%.
«Passo da montanaro»
L’amministratore delegato del gruppo, Francesco Caio, a sera nel salotto tv di Bruno Vespa, si dichiara soddisfatto. «Noi abbiamo il passo da montanaro – spiega durante Porta a Porta – è un investimento di lungo periodo e un investimento solido; il prezzo lo fa il mercato e lo ha fatto anche oggi. Seguiamo l’indice, è andata molto bene». Anche negli uffici dello stuolo di advisor (da Banca Imi a Bofa Merrill Lynch, passando per Citi, Mediobanca e Unicredit Cib fino a Rothschild e Lazard) che ha curato il collocamento garantendo alle casse del Tesoro un introito da 3,4 miliardi c’è soddisfazione. E si respinge al mittente la tesi che circola sul mercato secondo cui alla base del debutto flop del titolo ci sarebbe stata proprio la modalità di collocamento.
Il ruolo dei fondi
Il 70% della quota finita in Borsa di Poste è andato a investitori istituzionali, e su 380 fondi richiedenti ne è stata accontentata la metà, 190. A nessuno dei quali è andato più del 2%. Sarebbero stati privilegiati i fondi che hanno presentato gli ordini maggiori: soprattutto all’estero (a cui è andato l’80% della quota collocata) in molti, pur di raggiungere l’obiettivo di titoli prefissato, si sarebbero spinti più in là ordinando quantitativi ben più alti di quanto preventivato, ritrovandosi così, al termine del riparto, con delle eccedenze. Che ieri, per l’appunto, avrebbero scaricato, vendendo titoli sul mercato. Di qui il segno meno. E a dimostrazione che a muoversi sono stati degli elefanti – e non il popolo dei piccoli risparmiatori – ci sono i volumi sostenuti, con l’8% del capitale passato di mano. Negli ambienti finanziari più vicini a Poste si fa invece notare come alla base dell’andamento lento del titolo ci sia un prezzo di collocamento (6,75 euro) giusto al punto da accodarsi fin da subito all’andamento del mercato.
«Ci aspettavamo un po’ più di entusiasmo – osserva però Vincenzo Longo, analista di Ig Markets -. È mancata quella speculazione che, di norma, caratterizza il lancio di un titolo, su cui in questo caso è prevalsa la cautela». Per il momento sul titolo i gestori continuano a tenere un credito aperto. «Molto spesso nel primo giorno di quotazione le azioni sono condizionate più da elementi tecnici che da fattori relativi alla società – fa notare Marco Vicinanza, direttore investimenti di Arca Sgr -. Sulle potenzialità di lungo termine del titolo, nulla è cambiato». L’appeal resta quello del dividendo, il cui rendimento dovrebbe essere attorno al 5%, e del bonus fedeltà, che conterà, in un anno, per un altro 5%.