Corriere della Sera, 28 ottobre 2015
Valentino Rossi andrà a Valencia. Preoccupazione generale
Peace and love adesso, in attesa dell’ultima battaglia. Perché ci sarà l’ultima battaglia. Valentino, arrivato in Italia, ha twittato ai suoi 3 milioni e 850 mila adepti un messaggio chiaro: «Grazie a tutti per il fantastico supporto, leggervi mi ha fatto superare amarezza e incazzatura. Da oggi si lavora per Valencia».
Il rifugio negli affetti è un classico per ogni eroe stanco e sconfitto, e l’appoggio al campione lo ha dato per prima la fidanzata Linda Morselli. Su Instagram ha postato una foto delle loro mani intrecciate. Didascalia: «E poi tutto crolla, ma bisogna sapersi rialzare per inseguire i propri sogni. Siamo in tantissimi a crederci ancora».
Bello, ma il bello finisce qui. La nube tossica continua ad avvolgere il Motomondiale e sono tutti preoccupati per ciò che accadrà a Valencia, dal boss della Dorna, Carmelo Ezpeleta, all’ultimo dei piloti che si troverà nei pressi di Valentino e non saprà che pesci pigliare. Mettetevi nei panni di uno che non c’entra niente (cioè quasi tutti) e vorrebbe farsi gli affari suoi. Che fa? Si sposta? Ma così favorisce Rossi! Si impegna? Ma così favorisce Lorenzo! Eccetera eccetera. Un dato è probabile: anche se il Ricardo Tormo è una specie di kartodromo dove sorpassare è assai complicato, Valentino rimonterà molto e un 4° posto non è utopia. In tal caso a Lorenzo non basterebbe il 3° posto, e così saremmo daccapo: che farebbe Marquez con Jorge? Prego s’accomodi? Andrea Iannone, che è amico di Rossi, sa che cosa farà lui: «Vale può ancora vincere il titolo, perché è capace di tutto. Ma io ho un buon rapporto con tutti, farò solo la mia gara».
È chiaro che è un caos totale e a rimettere ordine non contribuisce l’uscita di uno dei direttori di corsa, Javier Alonso, spagnolo: «Rossi allarga la traiettoria per cercare di spingere Marquez fuoripista, allora Marc gira la sua moto verso quella di Valentino, che fa un movimento, ma non si tratta di un calcio». Rossi dunque fa una cosa che non si deve fare ma non tira pedate. Poi ce n’è anche per Marquez: «Non fa nulla di illecito, ma spinge la situazione a un limite che ha poco senso. Perciò Rossi fa quello che fa». È il timbro ufficiale sulla patente di provocatore, un’etichetta che Marquez non accetta. Il ragazzo per ora tace, ma la sua teoria è che la vittima sia lui. Agli amici ha spiegato anche di non avere capito come mai Rossi a Phillip Island, appena finita la gara, gli abbia stretto la mano scusandosi di averlo toccato e poi 4 giorni dopo in Malesia sia uscito con quel j’accuse furibondo. Marc dice anche che in direzione corsa domenica l’ex maestro l’ha ricoperto di insulti.
Pace & amore, com’è evidente, è un concetto labile su questa terra. E, stando così le cose, come si fa a non preoccuparsi pensando a Valencia?