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 2015  ottobre 28 Mercoledì calendario

Biografia di Paul Gauguin

Sbaglierebbe chi pensasse che i gialli, i rossi, i verdi e i rosa degli idilli polinesiani rappresentino la tonalità della vita di Gauguin. La sua anima volgeva al bruno, come suggerisce la settantina di opere – dipinti, sculture e incisioni – esposte al Mudec in una mostra aperta in contemporanea a quella dedicata alla Barbie.
Indissolubilmente legato a Van Gogh per il litigio in seguito al quale l’olandese si mozzò un orecchio, Gauguin non fu il suo alter ego felice. Entrambi erano individui sofferenti; entrambi lottarono invano per il riconoscimento della loro opera e tutti e due vissero la pittura come un’ossessione compulsiva. Ma con una differenza: mentre la tavolozza rappresentò per Van Gogh una zattera su cui finalmente galleggiare dopo aver cercato invano la salvezza nella religione, per Gauguin, al contrario, la pittura fu il motivo della rovina.
Non sappiamo quale demone lo tormentasse. Forse la morte del padre durante il viaggio in Perù dove la famiglia si stava trasferendo. Paul aveva tre anni e dopo altri quattro fu riportato in Francia. Gli studi regolari, l’imbarco su una nave mercantile, l’impiego nell’agenzia di cambio Bertin, il successo negli affari, il matrimonio, nel 1873, con la ricca danese Mette Sophie Gad, cinque figli. Tutto sembra filare sui binari di un’esistenza agiata e borghese. C’è solo un indizio, apparentemente innocuo, della tempesta che sta per travolgere il quadretto: Paul inizia a dipingere. E comincia anche a partecipare alle mostre degli Impressionisti, finché, nel 1883 in Europa crolla la Borsa (in realtà la Borsa di Parigi crolla nel 1882).
È il pretesto per cambiare vita e dedicarsi solo alla pittura. Lascia la famiglia a Copenaghen e comincia un’esistenza di stenti che lo porta in ospedale e a vivere grazie all’aiuto di amici e conoscenti. Ma non sembra spaventato: «Finalmente dipingo tutti i giorni», scrive. La scelta è radicale. Tenta la prima fuga dalla civiltà in Bretagna dove diventa amico del pittore Charles Laval con cui si imbarca per Panama e la Martinica. Al ritorno, nel novembre 1887 dopo nemmeno un anno, i due sono ancora più malridotti. Tutte le mostre cui partecipa sono un fiasco commerciale, ma certa critica comincia a notarlo assieme ai Simbolisti del Café Voltaire che ne fanno il loro riferimento. Eppure, proprio quando inizia a trovare una collocazione nella comunità artistica, Gauguin decide di ripartire per Tahiti.
Il primo quadro inviato in Francia, presentato nel 1892 alla galleria Goupil, è un capolavoro: la «Donna col fiore», esposto a Milano e proveniente dalla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen che ha prestato 35 opere. È un ritratto dal vero che delude tutti coloro che aspettavano un’opera simbolista.
Ostinato, continua a spedire quadri, ma non vende. Carico di debiti, deve tornare a Parigi lasciando dietro di sé un figlio avuto dalla convivente tredicenne. Ancora la Bretagna e poi di nuovo la partenza per la Polinesia nel 1895, sempre senza un soldo.
Ma nemmeno ai Tropici si può vivere di aria e a Gauguin servono soldi per le tele e i colori. Due mesi di ricovero in ospedale per le conseguenze della sifilide non risolvono il cattivo stato di salute. L’11 febbraio 1898, schiacciato dalla depressione, dai debiti e dalle malattie, ingerisce arsenico; ma vomita e si salva. Le invettive contro la chiesa cattolica e l’amministrazione coloniale francese lo costringono a lasciare Papeete per Hiva Oa, una delle isole Marchesi dove sobilla i nativi incitandoli a non pagare le tasse e a non mandare i figli alla scuola missionaria. La mattina dell’8 maggio 1903 muore nel suo letto, prima di dover scontare una condanna a tre mesi di prigione.