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 2015  ottobre 28 Mercoledì calendario

Ritratto del consigliere di stato Carlo Deodato, che ha scritto la sentenza contraria alla trascrizione delle nozze gay

ROMA Non ha passato molto tempo a palazzo Spada, Carlo Deodato. L’estensore della sentenza sui matrimoni omosessuali registrati in Comune è stato consigliere di Stato soltanto per due anni all’inizio della sua carriera, nel 2001. E poi un altro anno adesso, da quando ha lasciato gli uffici della presidenza del Consiglio per l’arrivo di Matteo Renzi. Era stato infatti il presidente del Consiglio Enrico Letta a nominare Deodato capo dipartimento degli Affari legislativi di Palazzo Chigi, un posto che il consigliere prestato alla politica (è passato anche attraverso i governi di Silvio Berlusconi) ha quindi lasciato trascinandosi però dietro non poche polemiche. Giurista cattolico, si autodefinisce Deodato sul social network che lo ha catapultato nell’occhio del ciclone. Perché sono stati in tanti ieri a scorrere avanti e indietro i suoi post su Twitter in difesa della famiglia tradizionale e contro le nozze gay.
Meglio, i suoi retweet. Ce ne sono diversi scritti da gruppi ultra-cattolici. Quello del 25 aprile, ad esempio: a tutta pagina la foto delle «Sentinelle in piedi», con scritto: «La nuova #resistenza si chiama difesa della famiglia». O quello di Tempi, del 5 maggio scorso: «#Gender a scuola. L’emendamento del Pd e le firme per fermarlo».
O anche quello di «Manif pour tous», del 5 aprile: «Non volevo due mamme, ho sempre voluto una mamma e un papà».
Una rassegna web che ha scatenato una ridda di polemiche per tutta la giornata, in testa quelle della comunità omosessuale. Ma il consigliere Carlo Deodato non si è scomposto, ha replicato con un’alzata di spalle: «Non uso mai Twitter, avevo aperto il profilo tempo fa e mi ero anche dimenticato di averlo». È del 10 giugno scorso l’ultimo tweet postato sull’account di questo giudice che non ne vuole sapere di entrare nel merito delle polemiche: «Ho solo applicato la legge in modo a-ideologico e rigoroso», dice. E poi spiega: «Ho lasciato fuori le convinzioni personali, che non hanno avuto alcuna influenza».
Manif pour tous, le Sentinelle in piedi, Tempi, Pro vita: tutti i gruppi retwittati dal consigliere Deodato sono da sempre in prima linea per contrastare non soltanto le nozze omosessuali ma anche il disegno di legge sulle unioni civili in discussione al Senato. Sono proprio questi gruppi che il 20 giugno scorso hanno organizzato a Roma una manifestazione nella piazza di San Giovanni per opporsi apertamente alla legge sulle unioni civili omosessuali.
«La sentenza del Consiglio di Stato è collegiale e invece vedo che attaccano soltanto me», si difende il consigliere Deodato, prima di spiegare: «Noi abbiamo ritenuto che tecnicamente la trascrizione delle nozze gay celebrate all’estero fosse illegittima e che quindi il prefetto di Roma avesse il dovere di annullarle».
Non ha dubbi il giurista cattolico, padre di due figli, quarantotto anni, che in politica per la prima volta è entrato nel 2003 come consigliere giuridico di Maurizio Gasparri, l’allora ministro delle Comunicazioni del secondo governo Berlusconi. Carlo Deodato difende a spada tratta la sentenza che è andata contro la trascrizione dei matrimoni omosessuali. E alla fine taglia corto: «Tutto il resto sono illa-zioni che non mi interessano. Io faccio il giudice dal 1992 in scienza e coscienza. La decisione che abbiamo preso è sicuramente quella più coerente con l’ordinamento giuridico italiano. La sentenza bisogna giudicarla sul piano tecnico e giuridico e invito chi mi critica a leggerla».