il Fatto Quotidiano, 27 ottobre 2015
Ritratto di Maria Eugenia Vidal, la governatrice di Buenos Aires
Erede di Evita Peron”. In Argentina si dice sempre così quando una signora scavalca l’uomo politico importante e diventa governatrice della provincia (regione) di Buenos Aires, dove vive metà gente del paese.
Mai tanto diverse. Maria Eugenia Vidal, 43 anni, sposata, tre figli, è cresciuta nel conservatorismo dell’università cattolica. Entra in politica dopo la militanza generosa nei comitati antipovertà. Frequenta le villjais miserias, favelas argentine. Alle televisioni che volevano sapere come sia riuscita a superare Anibal Fernandez, candidato di Christina Kirchner, risponde con semplicità: “Parlo con la gente.
"Corro quando chiedono aiuto. Sanno che possono fidarsi”. Ce l’ha fatta anche il marito, Ramiro Tagliaferro, da ieri è sindaco di Moron, 700 mila abitanti nella provincia di Buenos Aires. Sempre con Cambiemos di Mauricio Macri anche se le sue virtù non ricordano le virtù della moglie. Ha rappresentato l’Argentina come osservatore nelle elezioni di Venezuela e Brasile. Se Maria Eugenia é tutta politica e famiglia, Tagliaferro non nasconde la passione che trascina la sua vita: gioco d’azzardo.
Leggendarie perdite a Las Vegas e nei casinò del Mar de Plata. Non solo tappeti verdi, ma spese faraoniche per l’equipe che lo accompagna in politica: pubblicitari, consiglieri, copywriter. Tre milioni di dollari in 34 anni. Magari escono dalle casseforti dei sussidi per studenti: il parlamento provinciale gliene affida la gestione. Con l’aplomb del gentiluomo malinconico, Anibal Fernandez, capo di gabinetto della repubblica, fa i complimenti alla signora che l’ha messo sotto e attribuisce la sconfitta alle “infamie” di Canale 13. Alla vigilia delle primarie il giornalista Jorge Lanata lo “mescola” agli affari del narcotraffico. Trasmissione denunciata alla Corte Interamericana dei diritti umani “ma chi vota non se ne è accorge” perché il monopolio di radio e televisioni, giornali di provincia e giornali nazionali “resta nelle mani del gruppo Clarin, editore di canale 13”.
Tra Clarin e gli alfieri della Kirchner non è mai corso buon sangue. Dal tentativo del governo di rompere un monopolio “che minaccia la democrazia” alla scoperta di nonne e madri di piazza di Maggio “vicine alla Casa Rosada”: rintracciano i figli (ormai adulti ) di due giovani sposi spariti nei sotterranei della dittatura. Bambini adottati da Roberto ed Ernestina Herrera Noble, marito e moglie proprietari dell’impero Clarin tenero coi governi in divisa, riverente verso presidenti alla Menem. Informati sulla fine dei genitori naturali, i due ragazzi Noble (non più ragazzi), fatti due conti scelgono l’eredità della madre adottiva.
Il governo pretende giustizia e mal gliene incoglie. Clarin bombarda ogni giorno. Il ko di Anibal Fernandez potrebbe esserne la conferma. Intanto Daniel Scioli, mezzo sconfitto, e Macri che perde tre punti ma si considera sugli allori, armano il gran finale. Il 21 per cento dei voti di Sergio Massa, il terzo candidato che è fuori dal ballottaggio, aprono corteggiamenti che el Tigre (dal municipio dove abita ) si prepara a capitalizzare. Presto per dire come. Comunque vada i risultati di domenica annunciano la fine della speranza in America Latina. Falliti gli eredi di Nestor Kirchner, Lula e Chavez, l’inclusione dei ‘senza niente’ che ha risvegliato Brasile e Venezuela e rincuorato i diseredati argentini, diventa un capitolo del passato. Che vinca Scioli o Macri, eredi di un peronismo sincopato su tasti diversi, Buenos Aires torna nelle mani della borghesia compradora, alleata con multinazionali e interessi stranieri.