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 2015  ottobre 27 Martedì calendario

Bulgarella si difende. Dice di non aver niente a che fare con Matteo Messina Denaro e di aver affittato le sue case solo ad agenti e giudici

Andrea Bulgarella, l’imprenditore ritenuto dalla direzione antimafia di Firenze fiancheggiatore del boss latitante Matteo Messina Denaro, è proprietario degli edifici che a Trapani ospitano la questura e la procura. “Affitto da 30 anni la sede alla questura e da 10 gli uffici alla procura”, ha detto ieri Bulgarella per avvalorare la sua distanza da Cosa nostra. Eppure le indagini condotte dai carabinieri del Ros hanno evidenziato profondi legami tra Bulgarella e Messina Denaro. Nelle ottomila pagine di atti ci sono riscontri e testimonianze che ricordano, tra l’altro, come fu proprio il boss a raccomandarsi affinché all’imprenditore venissero affidati i lavori in Toscana.
E gli inquirenti fiorentini, di fatto, lo hanno indagato insieme ad altri – tra cui il numero due di Unicredit, Fabrizio Palenzona – per associazione a delinquere e altri reati con l’aggravante del favoreggiamento della mafia. A lui, Questura e Procura di Trapani – quindi lo Stato – pagano l’affitto. La notizia è confermata, ma nessuna autorità vuole commentare. Dalla cittadina siciliana rimandano a Roma: in via Arenula, al palazzo dove ha sede il dicastero della Giustizia oggi guidato dal ministro Andrea Orlando. Ma anche da qui le uniche risposte sono il silenzio.
Ieri Bulgarella si è difeso in sede di riesame. I giudici del Tribunale di Firenze si sono riservati di decidere nei prossimi giorni in merito alla revoca del sequestro di alcuni documenti avvenuto durante le perquisizioni effettuate l’8 ottobre. Al riesame ha fatto ricorso anche Palenzona.
I legali dei due, rispettivamente Giulia Padovani e Massimo Dinoia, hanno depositato due memorie difensive con le quali negano ogni addebito. Bulgarella, come detto, prendendo le distanze da Cosa nostra e dal boss latitante; mentre Palenzona prendendo le distanze da Bulgarella e ribadendo che Unicredit non ha in alcun modo agevolato l’imprenditore ad attuare un piano di risanamento solo grazie all’intervento diretto del vicepresidente, come sostiene l’accusa. “La Procura dice che è stato approvato il piano mentre è vero esattamente il contrario”, ha detto Dinoia. Secondo il legale, non solo, “come scritto nel decreto”, la delibera del comitato crediti della Banca “del 23 aprile non ha approvato il piano di risanamento del Gruppo Bulgarella”, ma “è vero esattamente il contrario: il 23 aprile c’è stata una sonora bocciatura. Abbiamo depositato altre due delibere”, ha aggiunto, “una del 16 giugno e una del primo luglio dove si nega, con altre due sonore bocciature, il piano di risanamento del Gruppo Bulgarella” che “ad oggi non è stato approvato”. Per quanto riguarda la banca, che nel decreto è ritenuta vittima di una truffa, Dinoia ha detto di aver depositato il risultato “dell’Audit di Unicredit: gli organi ispettivi della banca hanno detto che tutto è stato fatto in modo perfetto”.
Non solo, ma Dinoia si spinge oltre e arriva a negare l’esistenza stessa di rapporti tra Palenzona e Bulgarella che, dice, “non si sono mai visti, sono due perfetti estranei e in tutto questo anno e mezzo non si sono scambiati nemmeno una telefonata. Ditemi voi come si può pensare che il vicepresidente di Unicredit possa mettersi in testa di favorire un perfetto sconosciuto o Cosa nostra”. Bulgarella, invece, sostiene di aver visto Palenzona “due volte, una in una bar a Roma e una da lontano. Ma non abbiamo mai parlato di affari”.
Al netto dei riscontri investigativi, secondo l’accusa i rapporti erano mediati attraverso Roberto Mercuri, fedelissimo di Palenzona: nella sua casa di Rapallo, infatti, nell’agosto 2014 si sono incontrati a cena anche con il socio di Bulgarella. L’avvocato liquida l’argomento definendo Mercuri come “il braccio destro di Palenzona in Aeroporti di Roma dove ha l’incarico di suo assistente personale”. Toccherà ora ai giudici del riesame confermare o meno la solidità dell’impianto accusatorio.