Il Messaggero, 27 ottobre 2015
Ebola e suina, due casi in cui l’Oms ha fatto flop
La storia recente dell’Organizzazione mondiale della sanità induce a una certa cautela. A cominciare dalla clamorosa sopravvalutazione dell’influenza suina, il famigerato virus H1N1. Lo ammise davanti a una platea di 29 super esperti indipendenti, il 12 maggio di cinque anni fa, Keiji Fukuda, giapponese, consigliere dell’Oms. Fukuda parlò di «incertezza nella comunicazione» e ammise che «questo può essere stato scambiato per mancanza di trasparenza». Furono sperperati miliardi per l’acquisto di vaccini.
Per Ebola, quattro anni dopo, è accaduto drammaticamente il contrario. L’Oms, dopo aver dato effettivamente l’allarme, non si è mobilitata come avrebbe dovuto. Un documento interno un anno fa denunciava : «Quasi tutti non si sono accorti che una tempesta perfetta stava arrivando». La conferma nel maggio scorso da un comitato di esperti presieduto da Barbara Stocking, dell’università di Cambridge: «C’è un forte consenso sul fatto che l’Oms non ha una forte capacità di reazione alle emergenze».
Sempre a primavera l’ultima polemica proprio sulle linee guida in fatto di alimentazione. Un altro studio britannico concludeva che «la crociata lanciata contro i grassi negli anni ’70 in America, poi seguita in Europa e accolta dall’Oms, non avrebbe fondamento scientifico».